«Siamo convinti che la nostra cultura sia intoccabile e inviolabile, questo percorso deve servire a noi occidentali per metterci in discussione». Risponde così Vito Bartucca, attore e burattinaio palermitano, per spiegare la genesi di Diverse visioni. Un progetto ideato insieme a Margherita Ortolani, attrice e drammaturga, che prevede un nuovo modo di inclusione sociale dei migranti e cioè facendoli avvicinare alla cultura e in particolare al teatro.
Il progetto è ideato dall’associazione culturale BLITZ, da anni impegnata in un progetto di formazione teatrale per giovani attori inconsapevoli nella città di Palermo, e prevede un invito a teatro: così circa una volta al mese dieci ragazzi provenienti dalle comunità alloggio per stranieri, insieme alle due guide, vanno a vedere gli spettacoli in cartellone al Teatro Biondo per poi parlarne insieme e scrivere le loro impressioni.
Il progetto nasce da un’idea di Margherita Ortolani che nel 2017 è tra le guide artistiche scelte da RavennaTeatro/Teatro delle Albe per il progetto S.T.E.Y SENEGAL (synergies, training, women, youth): progetto di incontro, scambio e cooperazione artistica tra l’Italia, la città di Dakar ed il villaggio di Diol Kadd in Senegal. Diverse visioni, all’interno di un progetto più ampio, è autofinanziato e si svolge in collaborazione con il Teatro Biondo Palermo, che ha messo a disposizione alcuni biglietti per gli spettacoli della stagione 2017/2018, il coworking Moltivolti, che ospita gli incontri di redazione e discussione e diventa ancora una volta cuore pulsante di integrazione, e Artemigrante Palermo che nel cuore di Ballarò crea spazi di condivisione per la creazione di relazioni umane. «C’è da fare ancora molto in questa città a proposito di accoglienza e integrazione» aggiunge Vito Bartucca.
«Diverse visioni sperimenta ed esplora il teatro come formula di accoglienza – si legge nel sito di Blitz -. Un processo inclusivo dedicato a giovani migranti. Accoglienza: sentirsi “parte di”, il teatro sia come luogo fisico, sia come spazio culturale, rappresenta una via di accesso privilegiata a quelle che sono abitudini, ambizioni o abissi di un determinato vivere sociale. Sentirsi accolti o invitati come “parte di” (un pubblico, un orizzonte ideale di interlocuzione) può essere un buon modo per cominciare ad interagire con una società che non si conosce, invertendo la tendenza a pensare allo straniero come al fruitore passivo di ciò che viene proposto».
«Ci è sembrato che entrare a contatto – continua la nota – con le pratiche sociali di una città fosse buon modo per cominciare a sentirsi “parte di”, ma anche per rafforzare la fiducia nella possibilità di esprimere il proprio punto di vista. Obiettivo del progetto è anche quello di far nascere uno spazio scritto: una rivista multilinguistica scritta dai migranti sugli spettacoli visti, una nuova possibilità di espressione a budget ridottissimo, che dia voce e metta in circolo punti di vista diversi».
Un progetto che va oltre la semplice accoglienza, anzi si potrebbe definire un’accoglienza 2.0, dove si immagina che i giovani migranti in città possano offrire un punto di vista diverso e significativo per l’arricchimento culturale della città.
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