Si chiama «procedura semplificata di liquidazione» ed è molto simile a un concordato preventivo. Soltanto che la prima si applica a un Comune in dissesto, il secondo vale per le aziende che rischiano il fallimento. Tra qualche giorno la giunta municipale di Catania si riunirà per deliberare l’adesione di Palazzo degli elefanti a questo metodo per pagare i debiti, in modo da potere versare a chi ne abbia diritto un importo compreso tra il 40 e il 60 per cento del totale. Non l’intera somma, quindi, ma soltanto una parte. Pochi e maledetti, però subito. O almeno «entro 30 giorni dalla conoscenza dell’accettazione della transazione». In base alle istanze pervenute in municipio, ci sono 576 milioni di euro di debiti da saldare. Cifra su cui, però, dovranno essere fatte delle verifiche e che non comprende i debiti fuori bilancio «riconosciuti e riconoscibili», la cui revisione è tutt’ora in corso.
Il 2 luglio 2019, l’organismo straordinario di liquidazione ha suggerito all’amministrazione di aderire alla procedura semplificata, intimando alla giunta di prendere una decisione entro i primi giorni di agosto. La prossima riunione tra il sindaco e i suoi assessori dovrebbe avvenire a breve e, in quel contesto, dovrebbe essere confermata la decisione di scegliere la strada che permette al Comune di risparmiare su quanto dovuto ai creditori. In caso di adesione, si legge nel documento firmato dall’organismo di liquidazione, la giunta «s’impegni a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide, per un importo che consenta di finanziare la massa passiva» per la quale procedere a un accordo transattivo.
In altri termini: i tecnici nominati dal presidente della Repubblica per guidare Catania nella tempesta economica del dissesto, potranno trovare un accordo con i creditori per pagare loro una parte del dovuto. Ad accordo firmato, i creditori non potranno pretendere nient’altro. Unica condizione è che i soldi siano sul piatto e che si rispetti il termine dei 30 giorni per il pagamento ai cittadini che ne avessero diritto. Gli unici debiti che saranno pagati per intero, prosegue la nota, sono quelli «relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato, che saranno liquidate per intero». «È di tutta evidenza – prosegue il trio – che la sopra descritta procedura consente, con la definizione transattiva dei debiti, un notevole risparmio finanziario», poiché «solleva l’ente dall’onere degli interessi e delle rivalutazioni monetarie».
I soldi per pagare, però, da qualche parte dovranno essere trovati. Parte delle risorse dovrebbero venire dalla vendita del patrimonio immobiliare, chimera delle chimere di Palazzo degli elefanti assieme al recupero dell’evasione tributaria. E proprio l’evasione riguarda un altro degli atti della commissione straordinaria di liquidazione: autorizzare la spesa di oltre 890mila euro, a valere sul dissesto vista l’assenza del bilancio stabilmente riequilibrato, per spedire 129.100 avvisi di pagamento nei confronti dei cittadini che non hanno versato Imu e Tari in anni diversi dal 2014 al 2018. Un’attività che dovrebbe permettere, stando alle stime, di accertare 66 milioni di euro di evasione.
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