Il passato è passato, adesso davanti al default del Comune di Catania serve solo fare fronte comune. Lo ripete appena può il sindaco Salvo Pogliese e l’istantanea da via Etnea – dove oggi sindacati, organizzazioni datoriali e amministratori sono scesi in corteo – dovrebbe dare prova della ritrovata unità d’intenti cittadina. Sono circa 14 le sigle che sfilano al fianco della giunta – Cgil, Cisl, Uil, Ugl in testa – per chiedere alla politica «a tutti i livelli» di prendere coscienza della gravità della fase che si vive in città. «Catania sta attraversando il periodo più buio», sottolinea il sindaco e per questo occorre, aggiungono i rappresentanti dei lavoratori, che «nessuno spenga la luce», cioè lo slogan della manifestazione snodatasi da Villa Bellini a piazza Università.
L’obiettivo comune, una volta fatta la frittata del dissesto, è che quantomeno se ne limitino gli effetti. Potenzialmente da bomba sociale, se è vero quanto sostenuto dall’amministrazione: il fallimento dell’azienda Comune riguarda le tasche, direttamente o indirettamente, di circa 10mila famiglie catanesi. «Sono un inguaribile ottimista, dopo una normale fase di sofferenza sono convinto che ce la faremo – ha detto il sindaco – perché Catania ha tutte le energie e le peculiarità che servono per il rilancio». Dei possibili rimedi a presa rapida Pogliese ha già parlato nei giorni scorsi, in primis dell’anticipazione regionale che il governatore Nello Musumeci potrebbe concedere per consentire al Comune di pagare subito gli stipendi. I sindacati invece continuano a battere sulla necessità di misure straordinarie, le stesse inseguite per tutta l’estate dalla giunta e che sembravano piacere anche al ministro Matteo Salvini, rimanendo però ad oggi lettera morta.
«Per noi l’intero ceto politico è responsabile del dissesto, non ci piace il balletto sulle colpe – chiarisce il segretario della Cgil catanese Giacomo Rota, appena riconfermato – adesso però serve che tutti si uniscano per chiedere un contributo da almeno 400 milioni per salvare la città». Soltanto dopo, secondo la Cgil, potrà arrivare il momento dei tagli alla spesa «senza macelleria sociale» e di un «severo piano di risanamento da concordare con i governi nazionale e regionale». Nell’immediato, inoltre, a detta di Rota, giunta e consiglio dovrebbe approvare al più presto il bilancio comunale «per sbloccare così la seconda tranche dei trasferimenti statali».
Poi, al netto del fair play, c’è la carne viva dello scontro politico in parte già deflagrato. Domani in aula dovrebbe tenersi la prima delle rese dei conti: al vicesindaco Roberto Bonaccorsi, l’autore del piano di riequilbrio poi rimodulato in era Pd, spetterà la risposta all’offensiva lanciata da Enzo Bianco su Facebook. L’ex sindaco ha dribblato ogni addebito su dissesto e buco da 1,6 miliardi di euro, scaricando tutto sul quindicennio Scapagnini- Stancanelli.
Pogliese sfiora soltanto la bagarre: «Ci sarà tempo per fare luce su tutto, in ogni caso ricordo che gli interessi sui mutui contratti negli anni Novanta (le prime due sindacature Bianco, ndr) vengono tutt’oggi pagati dai nostri concittadini». Dal fronte sindacati, Rota indossa invece l’elmetto perché le accuse sulla «corresponsabilità» dei sindacati nel default si fanno sempre più insistenti. Del resto il suo predecessore alla guida della Cgil etnea, Angelo Villari, è stato assessore di Bianco dal 2014 fino all’estate scorsa, sostituito poi da un altro sindacalista, l’allora segretario generale della Uil, Fortunato Parisi. «Respingo al mittente le accuse di qualche servo sciocco – risponde Rota – perché lo sanno tutti che eravamo stati scettici sui piani di rientro del passato, avevamo detto che i debiti fuori bilancio erano stati calcolati male e qualche asino se lo dovrebbe ricordare».
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