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Il “depistaggio” delle indagini sul disastro aereo di Ustica deve considerarsi “definitivamente accertato” e per questo serve il nuovo processo civile per valutare la responsabilita’ dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia.
Lo ha deciso la Cassazione che ha accolto il ricorso degli eredi della Itavia, fallita sei mesi dopo l’abbattimento dell’aereo.
Sara’ un nuovo processo civile, dunque, dinnanzi alla Corte di appello di Roma a valutare, su indicazione della Cassazione, se il dissesto della compagnia aerea Itavia sia stato “effettivamente preesistente” al disastro aereo di Ustica o se, e in quale misura, il fallimento sia stato determinato dalla “riconosciuta attivita’ di depistaggio” delle indagini sul disastro aereo che il 27 giugno del 1980 provoco’ la morte di piu’ di 80 persone. Scrive la Cassazione, nella sentenza 23933 che ha accolto il ricorso di Luisa Davanzali, erede di Aldo, patron dell’Itavia, che e’ necessario valutare se nel crac di Itavia si sia omesso di dare la giusta responsabilita’ agli effetti negativi provocati proprio dai depistaggi che gettarono “discredito commerciale” sulla compagnia colpita anche da “provvedimenti cautelari” sollecitati “dalla diffusione della falsa notizia del cedimento strutturale” del DC9. In proposito la Cassazione rileva che la circostanza che Itavia, prima di Ustica, avesse dei debiti non e’ da considerare di gravita’ “patologica” in una compagnia aerea comportante investimenti e costi di gestione notoriamente ingenti”.
Cosi’ e’ stata annullata con rinvio la sentenza con la quale la Corte d’appello di Roma, il 4 ottobre 2010, aveva escluso la responsabilita’ della Difesa e dei Trasporti nel fallimento di Itavia. Ora i due Ministeri torneranno sotto processo.
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