«Tutti siamo soliti immaginare il disabile come una persona senza sesso e questa idea diventa una pericolosa barriera architettonica mentale». Sessualità e disabilità: la Sicilia è all’anno zero. Uno dei tabù più difficile da superare e che genera sofferenza. Bisogni che restano nascosti e che rischiano di esplodere in altro modo, sotto forma di rabbia o in autolesionismo. Argomento negato soprattutto nelle famiglie con una mentalità chiusa, dove, nei casi peggiori, si arriva a soluzioni dannose, come la masturbazione da parte di un genitore al figlio. Il Cefpas, Centro per la formazione permanente e l’aggiornamento del personale del servizio sanitario, ha messo attorno a un tavolo, a Caltanissetta, i soggetti che stanno provando a squarciare il muro del silenzio su questo tema. «In Sicilia – spiega Valentina Botta, tra le responsabili della formazione a distanza del Cefpas – non ci sono punti di riferimento o associazioni preparate a rispondere alle poche famiglie che si pongono il problema o agli stessi disabili».
Trovare un modo maturo per far vivere anche ai disabili la propria sessualità è l’obiettivo di un disegno di legge che da tempo è fermo in Senato. E che mira, in primo luogo, a istituzionalizzare la figura dell’assistente sessuale, già legittimata in altri Paesi europei. A contribuire alla sua scrittura è stato anche Max Ulivieri, 46enne toscano affetto da distrofia muscolare che dal 2010 vive a Bologna dove ha creato Loveability, il primo sito in Italia in cui disabili raccontano le loro esperienze, le loro paure, i loro desideri sulla sessualità e dove possono anche conoscersi. «Un’innovativa creazione – la definisce Max sul portale – utile a conoscere ciò che in molti non vogliono vedere, ciò che in molti reputano non possa esistere e che invece c’è. L’amore, vissuto sia con i sentimenti quanto con il corpo, raccontato da persone con disabilità attraverso le proprie storie, positive o negative che siano».
A che punto è la Sicilia rispetto al resto d’Italia rispetto a questo tema? «Non do particolari colpe alla Sicilia, perché anche a Bolzano c’è la stessa reticenza – spiega Max -. La sessualità spesso non è vissuta in maniera libera neanche dai non disabili. Negli ultimi tempi, però, il Sud si sta muovendo: ho partecipato a convegni in Sicilia, Calabria e Puglia. Ma se oltre a parlarne ai convegni, si facesse un lavoro mediatico e di formazione, il cambiamento sarebbe più veloce». Secondo il 46enne la svolta sarebbe la legittimazione dell’assistente sessuale, una figura formata in maniera professionale per rispondere alle esigenze sessuali di un disabile fisico o mentale. Una cosa normale da 30 anni in Germania, Danimarca e Olanda. «In Italia un genitore con un figlio disabile che si pone il problema spesso si rivolge alle prostitute – spiega Ulivieri – ma non sono persone preparate o semplicemente il più delle volte non funziona. Nei casi più gravi assistiamo a forme di incesto con la madre che masturba il proprio figlio».
«Ancora peggiore la situazione per le donne disabili – aggiunge Giuseppe Giardina, presidente dell’Anffas Sicilia, l’associazione per le famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale – perché c’è più chiusura da parte delle famiglie. In Sicilia è un tabù totale, abbiamo chiesto alla Regione e agli enti interessati di iniziare una formazione all’interno del servizio sanitario per terapisti della sessualità, in grado di aiutare le famiglie che nella maggior parte dei casi si nascondono. Invece sono gli stessi ragazzi disabili che spesso si rivolgono a noi, nei centri diurni, chiedendoci come fare per avere una relazione ed essere uguali agli altri».
La figura dell’assistente sessuale necessita di una formazione di tipo medico, giuridico, sociale, sessuologico e etico. «L’assistenza sessuale – precisa Valentina Botta – non mira solo alla masturbazione o alla genitalità. È molto più complesso, si deve entrare nella mappa dell’altro. Basta ricordare la scena del film Quasi Amici, quando al protagonista sulla sedia a rotelle il massaggio all’orecchio dava il massimo piacere. Bisogna conoscere la persona che si ha davanti». Una professionalità che al momento in Italia non esiste. «Il disegno di legge in Parlamento – conclude Giardina – è fondamentale, ma come sempre succede, se non c’è qualcuno che lo segue e lo spinge perché venga calendarizzato, rimarrà in un cassetto».
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