‘Dirsi le cose addosso è la migliore cosa per far ridere gli altri’

L’ex Iena Peppe Quintale, personaggio che nella sua carriera ha spaziato dalla radio alla televisione, lavorando Carlo Conti, Simona Ventura e Alberto Castagna, attualmente è il direttore creativo di La 3 Live – il canale gratuito in chiaro della Tv Digitale Mobile di 3 – si racconta a Step1.

 

 

 

Peppe Quintale, nella vita hai fatto l’attore e il conduttore televisivo. Perché a un certo punto hai accettato di fare il Direttore creativo di La 3 Live ?

Perché era una sfida nuova, perché ho la possibilità di fare qualcosa di interessante, e perché Vincenzo Novari, l’Amministratore Delegato di H3G, è un amico, lo conosco dal ‘93. Ho lavorato con lui in Omnitel quando ancora eravamo in trenta. Quando ha lanciato H3G mi ha richiamato di nuovo. E ora mi ha voluto nuovamente con lui. Vedi, è un discorso di stima professionale reciproca. Novari mi ha preso come elemento che gli facesse da tramite tra la televisione e la H3G. Venendo da una televisione fatta a buon livello ho accettato volentieri. Facciamo televisione a un centesimo di costo rispetto a quanto costa la televisione normale. Ho accettato anche perché ci sono dei concetti nuovi. La prima trasmissione è stata il 5 giugno, siamo stati i primi in Europa a trasmettere in tecnologia  DVB-H, nuova piattaforma digitale, digital video broadcasting high definition. Essere i primi va sempre bene.

 

Quanti Tvfonini ci sono attualmente in giro ?

Ci sono più di 100.000 Tvfonini. Guarda, noi credevamo – e ci sono dati che ci stanno sconvolgendo – che fosse una televisione vista in mobilità, fuori casa. E invece, il 40% la vede in posti statici, tipo ufficio o casa. 

 

Come ve lo spiegate ?

Ora viviamo tutti di esperienze personali. Ti faccio un esempio. Sono stato a cena da un mio amico che fa l’architetto e mi ha detto: “Finalmente posso vedere il tg in studio”.

E la seconda cosa e che credevamo che i minuti medi di programmazione fossero meno,  invece stiamo già a settanta minuti al giorno. Pensavamo di dover produrre contenuti brevi proprio per la favorire la fruibilità e la mobilità e invece stiamo rivedendo i nostri piani. Quando c’è una percentuale così alta devi rivedere un po’ le due cose, non è detto che non puoi fare un programma di mezz’ora. 

Su quelle che sono le nostre reti, la 3 live è una guida vera e propria, con i 3 jay che si alternano e che non fanno altro che parlare del mondo televisivo.

Noi non abbiamo la velleità di fare un’altra televisione, noi diamo i canali che vogliano le altre persone. Customer 25-40 uomini, scolarità alta. Abbiamo la possibilità capillare di raggiungerli.

 

Torniamo a te. Come nasce la tua comicità ?

Tutta spontanea, sono come mi ha fatto mamma. Sono autodidatta in tutto, scrivo musica, ho fatto teatro, anche al Sistina. Ho raggiunto il massimo che potessi fare. Sono simpatico, ironico di natura, e tutto parte da uno spirito di osservazione che ho e che è fuori dal comune. Osservo fino a farmi schifo. Gli spettacoli che faccio partono dalla mia osservazione e dalla mia autoironia. Dirsi le cose addosso è la migliore cosa per far ridere gli altri senza farli arrabbiare. 

 

Ma sei critico anche nei confronti di una donna ?

Devo dire una cosa: le donne sono una cosa talmente particolare e imprescindibile che in ognuna di essa trovi per forza qualcosa di prezioso. Comunque, e lo dico tristemente, le donne sono superiori agli uomini. Basti parlare della sopportazione del dolore di una donna. La sua soglia è talmente più alta rispetto all’uomo, che per forza dobbiamo ammetterlo. Se solo pensiamo al parto.  

 

Tra le trasmissioni che hai fatto, qual è quella a cui sei rimasto più legato e ci ritorneresti ?

E’ “Caccia alla frase”, una striscia quotidiana, su Italia 1, un format inglese che andava in tutti i paesi del mondo ed era un preserale. Ma il direttore di Italia 1 si era fissato a farmelo fare all’1 di pomeriggio. Ma conta molto anche il traino che c’è prima, e io, cosa terribile, iniziavo dopo “Fatti e misfatti”, rubrica di approfondimento di Studio aperto, che era una martellata sui genitali. La puntata partiva dal 2 % e io in 25 minuti e con una tele promozione dovevo arrivare al 15-17% per portarli a Lupin. Ma dato che Gori non mi voleva perché per imposto dalla Ruffini, ha fatto di tutto per far cadere la cosa. Ma un giorno, quando avrò Giorgio Gori davanti e avrò risolto alcuni problemi miei personali glielo dirò, perché è la cosa che mi è dispiaciuta in quanto ci credevo. Mi avevano dato una carta importante e io me la stavo giocando bene. Ancora ci sono persone che ricordano questo programma. Pensa che io, lo dico sempre, ho avuto la fortuna di diventare famoso facendo 3 minuti settimanali a mezzanotte. Mi sono inventato “Le Jene portano bene”. Non c’è bisogno di fare programmi di ore per diventare famosi. E io ho fatto un programma di qualità. Mi è dispiaciuto non terminarlo.

 

Hai lavorato molto con Alberto Castagna. Quali sono i ricordi più cari che hai di lui ?

Nel 1997 vivevo a casa di Piero Marrazzo, che era il dirimpettaio di scrivania di Alberto Castagna, entrambi inviati del Tg2. Ricordo di Alberto le serate passate insieme.  

Avevo conosciuto un uomo unico. Dopo Stranamore non era più lui, anche se dopo la malattia si è ridimensionato. Era l’amico che tutti vorrebbero avere, ma era anche la persona che aveva vissuto sopra i suoi limiti. (Una volta Piero e Alberto mi hanno accompagnato a un provino con Arbore, nel 1989, e mi presero, ma siccome che non si sapeva cosa si doveva fare, e io avevo un’offerta per lavorare nei villaggi turistici, ho preferito la seconda. E ho tanti altri ricordi.)

Sono molto legato a lui. Quando è diventato famoso e ha iniziato a Mediaset con “Casa Castagna” e con “Complotto di famiglia” mi ha voluto con lui due anni.

Poi Stranamore, quando è tornato dopo la malattia, anche se oramai era lontanissimo da ogni mio concetto di televisione, l’ho fatto per lui perché mi era sembrato giusto e se lo meritava per quello che aveva fatto per me.

 

Cosa ti ha portato fortuna nella vita ?

Credere nelle mie capacità. Io ho pochi principi ma chiari. Una frase che diceva sempre mio nonno, in napoletano, “Chi joca bella non po perdere”, cioè “Chi gioca bene non può perdere”. Poi la partita può durare un giorno, un mese un anno, un istante. Ma se giochi bene, vinci. Io personalmente non potevo avere una proposta di lavoro come dirigente a 43 anni se non avessi fatto quello che ho fatto io. Se si lavora bene prima o poi vieni fuori.

 

Sei scaramantico ?

Quanto basta. Infilo le calze, prima una e poi altra. Quando ho fatto teatro, alcune cose. Io la scaramanzia la paragono a una liana. Ti può servire per il momento, è un appiglio momentaneo, prima o poi devi scendere.

Melania Mertoli

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