Diritti delle bambine, la giunta adotta una carta del 1997 «Affermazioni retoriche, come si traducono in concreto?»

«In fondo anche le bambine hanno dei diritti». È questa l’ironica sintesi che Stefania Arcara, docente di Studi di genere all’università di Catania e attiva nel movimento femminista Non una di meno, fa della Nuova carta dei diritti della bambina. Un documento adottato dalla giunta del Comune di Catania e probabilmente uno degli ultimi atti proposti dall’assessora alle Pari opportunità Maria Ausilia Mastrandrea, nominata a gennaio, a meno di quattro mesi dalle elezioni comunali di giugno. «Intendiamo sensibilizzare la collettività ai diritti delle bambine, che posseggono emozionalità e fisicità diverse dai maschietti». Questa la descrizione che il Comune fa della carta approvata nell’agosto del 1997 a Reykjavik, in Islanda, in occasione di un congresso della Ong Business professional women che opera con le Nazioni Unite. Alla Bpw è affiliata la Federazione italiana donne arti professionali affari (Fidapa) che si è fatta promotrice dell’iniziativa anche nel capoluogo etneo. Nello specifico, una serie di laboratori e iniziative ancora da definire, ma che sembrano portare con sé il segno più degli anni ’90 che dei tempi attuali. 

«Le pari opportunità – commenta Mastrandrea – non trovano ampio spazio nonostante la teorica parità dei diritti che vige nella nostra società». Il primo dei nove articoli di cui si compone la carta recita genericamente che «la donna va rispettata e trattata con giustizia dalla famiglia, dalla scuola, dai datori di lavoro, dai servizi di sanità e dalla comunità». Dalla tutela da ogni forma di violenza fisica o psicologica alla possibilità di beneficiare di una giusta condivisione di tutte le risorse sociali, di ricevere un’educazione economia, politica e sugli aspetti della salute (inclusi quelli sessuali) fino all’essere trattata «con i pieni diritti di persona». «Una serie di affermazioni retoriche», è il giudizio della docente Arcara.

«Di fatto, la stessa esistenza di questa carta è una implicita ammissione che il soggetto di diritto non sono le donne – continua – Difficile non essere d’accordo sul fatto che le bambine dovrebbero essere tutelate dalla violenza, avere le stesse opportunità dei coetanei maschi e così via». Arcara sottolinea alcune parole presenti nel testo: «tutela», «aiuto» e «protezione» da parte delle istituzioni. «Senza però mai nominare la causa della violenza di genere e dell’oppressione delle donne a partire dall’infanzia spiega – cioè i rapporti di potere e l’oppressione materiale ed economica delle donne». 

Ma questa carta, in concreto, in cosa si traduce? «Il fine ultimo è la tutela e la garanzia della pari opportunità a partire dall’età infantile nella scuola – spiega l’assessora Mastrandrea – per diffondere, nelle bambine e anche nelle loro famiglie, la consapevolezza naturale del ruolo al femminile in una società che galoppa al maschile. Non è uno stereotipo – aggiunge – il fatto che le bimbe abbiano caratteristiche emotive e fisiche che differiscono da quelle dei bambini, ma si deve fare in modo che le bimbe possano guardare alla propria specificità senza rimanere vincolate al dictat del fratellino che, a differenza loro, può fare delle cose». Per fare questo, Fidapa e assessorato alle Pari opportunità immaginano un «percorso di divulgazione con progetti adeguati da portare nelle scuole».

Tutto è ancora da definire, «ma ci saranno attività extradidattiche di educazione alla salute e alla parità dei diritti attraverso laboratori creativi, lavori su filmati e attività teatrali», conclude l’assessora. Un programma di educazione a maglie larghe che, assicura l’assessora, «sarà calato nei vari ambiti che cercheremo di considerare per fare in modo che di certi argomenti non si parli quando è ormai troppo tardi». E che sembra fare parte di un percorso avviato dall’amministrazione comunale nelle ultime settimane. È di qualche giorno fa, infatti, la notizia dell’intitolazione di una piazza all’ex presidente della Camera, Nilde Iotti e di uno slargo che prenderà il nome dalla scienziata Margherita Hack.

«Chiederei all’amministrazione comunale – dice Arcara – come queste lodevoli intenzioni sulla carta si traducano in azioni concrete». Il pensiero della docente va subito alla situazione di difficoltà che vivono i centri antiviolenza. «Per esempio, il Thamaia quali aiuti concreti riceve dal Comune? Le bambine catanesi che arrivano al seguito delle madri maltrattate e picchiate dai mariti o dai compagni, le bambine che subiscono ogni giorno abusi sessuali in famiglia nella nostra città – conclude – come beneficeranno, in concreto, dei grandiosi principi morali espressi nella carta di diritti della bambina che il Comune si fregia di adottare?». 

Marta Silvestre

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