Dire “no” alla mafia del ‘pizzo’? Si può

Il rettorato dell’Ateneo palermitano ha ospitato la cerimonia di presentazione del libro Senza padrini, resistere alle mafie fa guadagnare dello scrittore-giornalista d’inchiesta Filippo Astone. Una testimonianza sofferta ha dato vita ad una cerimonia di presentazione forse un po’ pletorica. Oltre all’autore erano tra i relatori Ivo Blandino, presidente di Confindustria Messina, il dottor Fiammenghi, in rappresentanza del consorzio nazionale della grande distribuzione Coop Italia, Francesco Cascio, presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Palermo e Giuseppe Todaro, vice presidente Confindustria Palermo, con delega alla legalità. Coordinava la discussione Claudio Sardo, direttore de L’Unità. Assenti rispetto al programma prestabilito Rita Borsellino, impegnata a Strasburgo in conpiti parlamentari non trascurabili e il rettore dell’unversotà di Palermo, Roberto Lagalla, anch’egli per ragione connesse ai suoi compiti istituzionali.
La discussione sui temi riguardanti il libro è stata precduta dalle campagne informative che gli sponsor avevano da proporre sulle loro attività; chi per presentare l’Associazione siciliana per il consumo consapevole, chi per illustrare la funzione economica dell’ipercoop o chi per informare dei progetti organizzativi della propria associazione imprenditoriale nel territorio ponte tra la Sicilia e la Calabria. Tutte cose legittime, per carità, che, però, hanno ritardato oltremodo la presentazione del volume.
Claudio Sardo ha introdotto la discussione indicando nella gestione di Confindustria Sicilia di Ivan Lo Bello e Antonello Montante come una rivoluzione che ha dato luogo a protocolli generali antimafia concreti nel mondo degli affari e dell’economia. L’intervento più significativo ed apprezzato da tutti gli invitati è stato quello di Giuseppe Todaro, un giovane imprenditore che ha testimoniato la sua personale esperienza. Ha detto di aver pagato il ‘pizzo’ per lunghi anni: un bel giorno gli si era presentato il boss di zona Gaspare Di Maggio che gli aveva detto: “O paghi o puoi chiudere baracca”. Todaro si è consultato con altri imprenditori confindustriali che gli avevano risposto: “Paga, non c’è niente da fare. E’ stato sempre così e così sarà in futuro”.
“Con grande sofferenza interiore mi sono piegato al salasso”, ha ricordato Todaro. Poi è venuto Lo Bello con le sue innovazioni, mi sono sentito liberato, ho interrotto i pagamenti ed ho sfidato la mafia del pizzo”. Questa testiomonianza sintetizza la traccia della rivoluzione antimafia raccontata nel libro di Astone che ne raccoglie e ne assembla tanti episodi e nel trae un saggio di grande significato culturale.

 

Riccardo Gueci

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