Differenziata, nel 2016 la Sicilia al 18 per cento «La spazzatura? Qui vale 800 milioni all’anno»

«È un numero che di per sé può sembrare sterile, ma non lo è affatto: dati non ancora certificati dicono che la Sicilia nel 2016 ha differenziato il 18 per cento dei rifiuti. Rispetto al 12,8 per cento del 2015 e al 12,5 del 2014. È un aumento del 50 per cento». Parola di Salvatore Cocina, l’ingegnere che Rosario Crocetta ha voluto alla guida dell’ufficio regionale speciale per la Raccolta differenziata. Alle dirette dipendenze del governatore, senza passare dai meandri degli assessorati. È Cocina a snocciolare il dato complessivo dell’anno appena trascorso. Numeri ancora parziali, che hanno bisogno di essere confermati ma che, secondo il dirigente, «dimostrano che la Regione Siciliana ci sta mettendo del suo. Dopo l’emergenza di luglio si è capito che era necessario imporre un cambio di passo». 

Ma per portarlo avanti c’è bisogno che i territori facciano la loro parte: dagli impianti di compostaggio alle nuove gare d’appalto pluriennali. «Capiamoci – dice l’ingegnere -, in Sicilia poco meno del 90 per cento dei rifiuti va in discarica. Perché dopo che si fa la differenziata bisogna considerare che ci sono degli scarti che poi si rivelano non riciclabili. Inoltre consideriamo che, rispetto al totale, l’umido incide per circa il 40 per cento. Sempre per rimanere in termini di numeri: il ciclo della spazzatura, nell’Isola, vale circa 800 milioni di euro l’annoGli interessi che ci sono dietro sono enormi». A svelarli sono state le inchieste della magistratura. L’ultima delle quali, nel Catanese, ha raccontato i presunti interessi del clan Cappello nelle aziende Geo ambiente e Clean up, entrambe sotto sequestro.

«Le gare d’appalto – aggiunge Cocina – non devono essere fatte dai singoli Comuni. Gli interessi devono essere allontanati dal territorio il più possibile. Devono essere affidate alle società d’ambito, che devono funzionare. Certo, ci vorranno ancora degli anni, ma bisogna prendere coscienza di qual è la strada che si deve attuare». E bisogna comprendere che il settore dei rifiuti deve rispettare regole precise: «Se negli altri settori di cui mi sono occupato avessi accettato la stessa approssimazione con la quale mi scontro adesso che mi occupo di spazzatura, sarei finito in galera almeno dodici volte». Nell’attesa che vada a pieno regime il sistema delle Srr – società di regolamentazione dei rifiuti – i conti vanno fatti col sistema che c’è. E che ancora non è uniforme nella Regione. «Dobbiamo arrivare al 65 per cento di differenziata – conclude Cocina -. Lo dice la legge e la legge o si rispetta o non si rispetta».

In alcuni Comuni siciliani i risultati sembrano essere più vicini che in altri. A Piazza Armerina, in provincia di Enna, si arriva a livelli di riciclo che sfiorano il 55 per cento. Numeri aiutati anche dall’idea del baratto: più materiali si riciclano, più punti si accumulano per scambiarli con prodotti locali e con l’acqua di una ecofonte. A Zafferana Etnea, nel Catanese, i dati diffusi parlano di un 89 per cento di differenziata. Che sarebbe agevolata anche dall’uso di sacchetti trasparenti per i rifiuti indifferenziati, una sorta di deterrente per chi usa questa frazione per gettare tutto. A Isola delle femmine (Palermo) dal 2014 al 2016, grazie al porta a porta, si è passati dallo 0,34 al 66 per cento. A Gela la differenziata supera il 40 per cento, mentre a Delia (Caltanissetta) i rifiuti avviati al riciclo sono il 70 per cento.

Luisa Santangelo

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