Differenziata, nel 2015 la Sicilia cresce dello 0,7% L’83% finisce in discarica, l’Isola come la Romania

Novemila tonnellate in più di differenziata in un anno, equivalenti ad appena lo 0,3 per cento. È questo il disastroso risultato che fa registrare la Sicilia nel 2015 rispetto all’anno precedente: la Regione è passata dal 12,5 al 12,8 per cento di rifiuti differenziati. Fanalino di coda d’Italia: mentre gli altri viaggiano su una media nazionale del 47,5 per cento (con picchi del 69 per cento in Veneto), l’Isola è sempre più ultima, lontana anche dal resto del Meridione che si attesta sul 33,6 per cento, grazie alla buona performance di Sardegna, Abruzzo e Campania attorno al 50 per cento. La fotografia è scattata dall’ultimo rapporto sui rifiuti urbani dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. 

Fino a quel momento, dunque, l’azione del governo di Rosario Crocetta, non aveva prodotto risultati positivi. È soprattutto nel 2016 che l’esecutivo regionale, incalzato da Roma, avvia una serie di azioni per migliorare la situazione, a cominciare dall’Ufficio speciale della raccolta differenziata che, solo lo scorso giugno, dopo molte insistenze, è riuscito ad avere i dati dai 390 Comuni siciliani: un quadro sconfortante, relativo al 2014, da cui emerge che un terzo dei Comuni siciliani non supera il 5 per cento di raccolta differenziata. Ben 56 non si schiodano dallo zero virgola.

L’anno successivo, nel 2015, non cambia granché, stando ai numeri dell’Ispra. A cominciare dalle tre città metropolitane che affossano le statistiche regionali. Palermo si ferma all’8,1 per cento, Catania all’8,6, Messina al 9,4. Tra le 16 città italiane con più di 200mila abitanti non solo occupano le ultime tre posizioni, ma sono le uniche a non arrivare a numeri a doppia cifra. Catania e Palermo, paradossalmente, peggiorano anche rispetto all’anno precedente, il 2014: il capoluogo regionale perde lo 0,2 per cento, quello etneo lo 0,7. A livello provinciale, i livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano, analogamente ai precedenti anni, per Treviso, che nel 2015 si attesta all’84,1 per cento, i più bassi si osservano, invece, per le province siciliane di Palermo (7,8%) Siracusa (7,9%), Messina (10,1%) ed Enna (10,8%). Fa da contraltare la produzione di rifiuti, classifica in cui Catania è prima a livello nazionale: nel 2015 i residenti del capoluogo etneo hanno buttato nella spazzatura 663 chili di rifiuti (11 in più rispetto al 2014). Un primato negativo, si piazzano dietro Firenze, Venezia e Roma. 

Nodo dolente continua a essere rappresentato dalle discariche: mentre il resto d’Italia invia in questi impianti un quarto dei rifiuti prodotti (nel 2015 la percentuale è scesa al 26 per cento, 16 punti in meno del 2014), la Sicilia resta al palo: nell’isola l’83 per cento di tutta la spazzatura finisce nelle discariche. Percentuale che pone l’Isola, in Europa, agli stessi livelli di Romania e Grecia, peggio fa solo Malta (con l’88 per cento). Per ridurre questo fenomeno che pesa enormemente sulle tasche dei siciliani, il governo Crocetta, su pressione del ministero dell’Ambiente, ha varato un programma che prevede la costruzione di sei termovalorizzatori. L’Italia brucia in media il 19 per cento dei rifiuti prodotti, la maggior parte dei quali al Nord dove si concentrano gli impianti. 

Il rapporto Ispra, infine, analizza i costi del servizio di igiene ambientale: in media in Italia ogni cittadino nel 2015 ha pagato 167,97 euro, cifra che è parzialmente composta da 58,98 euro per la gestione dei rifiuti indifferenziati, 46,35 per la raccolta differenziata e 22,53 euro per spazzamento e lavaggio delle strade. Stando ai dati dell’Istituto ministeriale, in Sicilia la spesa non si discosta più di tanto dalla media nazionale. Nell’Isola il servizio costa 171 euro ad abitante e le tasse che dovrebbero coprirlo si attestano in media a 176 euro pro capite. 

Salvo Catalano

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