Il tribunale di Catania, sezione che si occupa dei reati dei ministri, chiede che Matteo Salvini venga giudicato per sequestro di persona aggravato in merito alla nave Diciotti. Non solo quindi la richiesta di archiviazione della Procura etnea guidata da Carmelo Zuccaro non è stata accolta dal competente Tribunale, ma quest’ultimo dispone invece che il ministro dell’Interno venga giudicato per i reati ipotizzati. Per questo lo stesso Tribunale ha ordinato alla Procura di presentare domanda di autorizzazione a procedere al Senato, in particolare alla giunta per le elezioni e le immunità parlamentari, presieduta da Maurizio Gasparri. La parola passa quindi al Parlamento.
Salvini ha subito risposto con una diretta Facebook in cui legge il documento del Tribunale dei ministri e attacca:
«Torno a essere indagato per sequestro aggravato di persone e minori. Pena prevista da tre a 15 anni, manco fossi uno spacciatore o uno stupratore, perché osai bloccare lo sbarco dei 177 immigrati presenti sulla nave Diciotti». Secondo la difesa del leader della Lega – condivisa diverse migliaia di volte in poche ore – «se uno fa il ministro, applica la legge. Articolo 52 della Costituzione: la difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Figuriamoci se uno è ministro».
In tre pagine, i giudici etnei – che si sono riuniti il 7 dicembre – stabiliscono la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica affinché inoltri la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro. «Per avere, nella sua posizione di ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato 177 persone di varia nazionalità della loro libertà». Il ministro avrebbe violato le convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare, non consentendo «senza giustificato motivo» di ottemperare alla richiesta di un porto sicuro della nave Diciotti e «bloccando le procedure di sbarco dei migranti». «Sì, mi dichiaro colpevole di questo reato – aggiunge Matteo Salvini – e di questo reato anche per i mesi a venire. Preparatevi a compilare altri atti di questo genere, sono pronto all’ergastolo». E fa i nomi e i cognomi dei magistrati catanesi che firmano il documento: Nicola La Mantia, Sandra Levanti e Paolo Corda. Ai quali Salvini manda «un bel bacione».
La vicenda della nave Diciotti della Guardia Costiera italiana risale allo scorso agosto quando, dopo un lungo peregrinare in mare, rimase cinque giorni davanti al porto di Catania prima di ricevere il via libera allo sbarco. Luigi Patronaggio – procuratore di Agrigento competente perché i primi migranti, quelli che stavano male, furono sbarcati a Lampedusa – avviò l’indagine con le ipotesi di reato contro Salvini di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. Il fascicolo, per competenza, passò prima dal Tribunale dei ministri di Agrigento, poi a Palermo arrivando infine a Catania. Nei giorni di viaggio della Diciotti, Gerarda Pantalone, a capo del dipartimento Libertà civili e immigrazione del Viminale, sentita dai magistrati agrigentini, aveva detto: «Tutta la catena di comando, dal centro verso la periferia, rimane bloccata in attesa delle determinazioni di carattere politico del signor ministro dell’Interno».
Secondo quanto riportato dai giudici, il centro di coordinamento dei soccorsi di Roma (Imrcc) avrebbe avanzato al dipartimento ministeriale tre richieste diverse di un porto sicuro: il 15, il 17 e il 24 agosto. Sulla base di queste richieste si fonderebbe l’obbligo normativo di soccorso, che Salvini non avrebbe rispettato. La prima non sarebbe stata ritenuta regolare (cioè, «atipica») sin da subito, mentre sulla seconda cominciano alcuni sospetti: i dirigenti del ministero dell’Interno sentiti dalla procura siciliana l’avrebbero in un primo momento definita regolare e, nel corso di una ulteriore audizione (a settembre), avrebbero invece cambiato versione, definendola «anomala». Una rettifica che il tribunale di Palermo, a cui gli atti sono stati trasmessi da quello di Agrigento, definisce «sospetta».
Nonostante questo, la procura etnea guidata da Zuccaro a inizio novembre ha chiesto l’archiviazione del caso, perché «giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede europea la distribuzione dei migranti in un caso in cui, secondo la convenzione Sar internazionale, sarebbe spettato a Malta indicare il porto sicuro». Ora il colpo di scena del Tribunale dei ministri di Catania. «L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare», scrivono i giudici che hanno chiesto autorizzazione a procedere al Senato.
«Ci saranno i senatori che dovranno dire sì o no, colpevole o innocente», dice Salvini. In realtà, un tale potere non spetta al Senato, che dovrà solo decidere se accettare che il ministro sia processato per l’ipotesi di reato ipotizzata da piazza Verga. «Chiarisco subito – prosegue Salvini – Io non cambio di un centimetro la mia posizione: barche, barchini e barconi di scafisti, trafficanti, mafiosi, ong olandesi e tedesche… In Italia non sbarca nessuno. Ritenetemi sequestratore anche per i prossimi mesi».
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