Diciotti, De Luca contro l’arrivo dei migranti nell’hotspot «Centro forse inagibile, metto a disposizione baracche»

Sono ore frenetiche a palazzo Zanca. Il sindaco di Messina Cateno De Luca, che si è intestato la crociata di eliminare le baracche e dare un alloggio a 2500 famiglie, è intervenuto sul caso della nave Diciotti e dei migranti sbarcati dopo un lungo stallo istituzionale. La vicenda dal porto di Catania si è spostata a Messina. Nell’ex caserma Gasparro, dove ha sede l’hotpost, da ieri si trovano i migranti, in attesa della successiva distribuzione i siti individuati dalla Conferenza espiscopale italiana, Albania e Irlanda. «Ho appreso del loro arrivo dai giornali, nessuno si è degnato di chiamarmi per avvisarmi», ha dichiarato De Luca all’AdnKronos. Prima di lanciare una provocazione che inevitabilmente riaccenderà gli animi di chi si oppone all’accoglienza. «Metto a disposizione le baracche, quelle dove attualmente vivono 10mila messinesi tra amianto, fogne a cielo aperto e sporcizia. Qualcuno mi accuserà di razzismo? Prima, però, dovrà spiegarmi perché in quelle strutture fatiscenti può viverci un italiano, ma un migrante no».

Il primo cittadino ha poi aggiunto che, fino a che nessuno gli comunicherà ufficialmente la presenza dei migranti sul territorio comunale, «per me non ci sono». Il riferimento va a quella che De Luca considera una «volgarità istituzionale» da parte degli organi che hanno gestito l’arrivo dei migranti nell’hotspot. Ma il ssindaco di Messina non si è fermato qui e già in mattinata ha convocato i tecnici comunali per valutare se la ex caserma che ospita l’hotspot sia agibile o meno. Ha quindi pubblicato un post su Facebook in cui spiega «forse abbiamo scoperto il perché non sono stato informato della presenza di nuovi migranti nell’hotspot di Bisconte Messina: la struttura è abusiva». L’ipotesi di De Luca si basa su una relazione del 2017 prodotta dal dipartimento Edilizia privata del Comune, in cui si specifica che il centro sarebbe sorto in un’area destinata a verde pubblico. «Tra cinque giorni sapremo se si tratta di una struttura regolare o abusiva», ha scritto De Luca, pubblicando la richiesta di accertamenti agli uffici comunali. 

A far scatenare l’ira di De Luca, oltre alla mancata comunicazione, è stata la scelta operata dal governo di realizzazione un hotspot a Messina. «In una delle zone più delicate della città, quella in cui c’è ancora gente che vive nelle baracche e a cui non riesco a spiegare perché per certe cose si trovano i soldi e per loro no. Così si continua a gettare benzina sul fuoco». Da parte del sindaco parole di vicinanza anche che il ministro Salvini, indagato dalla procura di Agrigento per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. «Ha fatto bene. Badiamo bene, non per la vicenda in sé – puntualizza De Luca – perché quando si deve porre un tema in termini forti è ovvio che il fatto specifico rischia di essere ‘sacrificato’, ma perché c’è un tema di fondo che è lo stesso che pongo io a Messina. Io ho diecimila persone nelle baracche da 110 anni. Queste baracche sono lì dal terremoto del 1908, ecco perché dico che Messina era la città meno adatto in cui fare l’hotspot, per questa sua specificità, unica in Italia, che forse il Paese non conosce».

Da mercoledì, intanto, davanti la caserma che ospita i migranti ci sarà un presidio fisso della Rete antirazzista regionale, che andrà avanti fino a che i migranti non saranno trasferiti nelle destinazioni finali.

Simona Arena

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