Diario di uno studente ‘ambasciatore’

I Mun (Model United Nations) ogni anno convogliano in alcune sedi dell’Onu, studenti provenienti da tutto il mondo, vestendoli dei panni di ambasciatori di un Paese membro delle Nazioni Unite, diverso da quello di provenienza, provocando così una commistione fra giovani appartenenti a realtà culturali molto diverse. Il progetto Mun assume diverse direzioni: organizza degli incontri tra delegati/studenti a New York (Nmun), a Boston, Harvard University (Hmun) e in città orientali scelte di volta in volta: quest’anno la città perno del WorldMun è Pechino. Alessandro 23 anni, un giovanissimo laureato in legge, accetta l’intervista che Step1 gli propone, ci racconta la sua esperienza con il progetto Nmun. Pertanto chiediamo ad Alessandro un commento del suo viaggio da diplomatico a New York come rappresentate della Santa Sede.

 

La giornata degli studenti scelti come “ambasciatori” come si svolgeva?

“Innanzitutto bisogna dire che l’itinerario dello studente comporta un’elevata dose di impegno sin dai primi giorni. I ritmi sono veloci, la curiosità è tanta, si ingrana subito la marcia con la sveglia al mattino presto, intorno alle 07.30. Segue una velocissima ma insolita colazione: un enorme bicchiere pieno di qualcosa somigliante al caffé, ma solo dal suo colore, una ciambella tipica americana e via immediatamente verso i saloni degli alberghi che ospitano le prime simulazioni. Ogni mattina si inizia molto presto, le esercitazioni servono a prepararsi tecnicamente allo svolgimento vero e proprio della simulazione finale nel famoso Palazzo di Vetro. Nel pomeriggio, appena dopo pranzo, si continua lo studio delle tecniche di approccio al processo, si comincia a capirne i meccanismi e a saper utilizzare praticamente ciò che si è studiato precedentemente.  

Iniziano dei rapporti informali, non ci si sveste più della carica di ambasciatore e anche durante le pause si continua a parlare di problematiche dei paesi rappresentati, senza staccarsene mai. La sera, infine, nel poco tempo libero, si prova a vivere da newyorkese, visitando la città, osservando i locali, la gente. La “Grande Mela” è splendida nelle sue luci, nei suoi rumori. Monumenti altissimi, immensi. New York è veramente speciale.”

 

La “Grande Mela” rappresenta un mondo parallelo, fonde culture lontane tra loro. Anche tra studenti è accaduto lo stesso durante questa settimana?

“Naturalmente sì. Sin dall’imbarco verso New York non ci consideriamo più cittadini di un paese ma cittadini del mondo. Siamo tutti ambasciatori di una nazione e dobbiamo curarne gli interessi, sfruttarne le caratteristiche e accordarci per una risoluzione finale che metta in relazione tutti i paesi. È un incontro di culture completamente diverse, ma tutte interessatissime ai propri obiettivi. Non siamo più italiani, non siamo più francesi o spagnoli, siamo ambasciatori di paesi diversi dal nostro. Io per esempio ero uno dei due delegati della Santa Sede; immagina me, dovevo improvvisarmi mediatore di tutto il mondo. Durante le simulazioni dovevo avvicinarmi alle esigenze di moltissime nazioni cattoliche. Il compito non è stato facile, ma siamo riusciti a creare una bella intesa. Il rapporto tra studenti è stato fantastico, tutti coltiviamo lo stesso sogno e questo è bastato a renderci, in quei giorni, davvero inseparabili.”

 

I ritmi sono stati alti, difficile immaginarli se non si è vissuta l’esperienza. Ma c’è stato un giorno in particolare che ti ha colpito?

“Tutti i giorni sono stati pieni e emozionanti. In particolare però c’è stato il Sabato che ha rappresentato la fine dell’avventura, nonché l’inizio del processo vero e proprio nel Palazzo di Vetro. Un’emozione unica stare lì, dove i diplomatici “veri” stanno sempre, a decidere le sorti del mondo. In ogni caso il giorno di maggiore tensione è sicuramente il “Meltdown Thursday” tradotto nel “Giovedì dell’esaurimento”. Era l’ultimo giorno per creare accordi tra le nazioni, l’ultimo per redigere la risoluzione e prepararla all’approvazione. Si lavorava sempre, dalla mattina alla sera no stop, si arrivava fino a molto tardi la notte per cercare accordi e perfezionare i nostri interventi.”

 

Rifaresti l’esperienza e la consigli agli altri studenti?

“E’ un’esperienza da fare assolutamente, se naturalmente rientra nelle possibilità di ognuno. La consiglio vivamente perché non solo mette in stretta relazione tanti giovani ma concede di  vivere secondo i ritmi reali dei delegati, si viene considerati tali da tutti, per un’intera settimana. Per me è stata una grande emozione, pertanto la consiglio a tutti.”

 

Ringraziamo Alessandro per la descrizione accurata che ci ha fornito sull’intera esperienza Mun.

Ci ha convinti dell’esigenza di viaggiare per capire, per conoscere un mondo che ancora non possiamo immaginare in tutte le sue peculiarità; un mondo pieno di persone che coltivano gli stessi sogni e le stesse ambizioni a distanza di oceani.

 

Mavie Fesco

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