Diario di un palermitano emigrato, trovare lavoro a Milano  «Ho più di 27 anni e non parlo cinese, ma resto ottimista»

Dopo essere arrivato ed avere preso fiato durante il weekend, mi sono reso conto che dovevo darmi da fare, perché si sa la ricerca di un lavoro è un lavoro. Certo, non ho mai pensato che una volta a Milano qualcuno mi offrisse un impiego appena sceso dall’aereo (anche se non sarebbe stato male). Ad ogni modo dopo una sveglia presto e un buon caffè è arrivato anche per me il momento di iniziare a porre il primo mattone verso quello che sarà il mio futuro qui.

Il primo passo: sistemare il curriculum, una volta cambiata la città e indirizzo ho ritenuto logico modificare anche i miei dati anagrafici. Ho anche cambiato foto, ne ho messa una un po’ più professionale in giacca e cravatta (vorrei essere preso sul serio). Il secondo passo è stato la cover letter (lettera di presentazione per chi non sapesse). Non è stato facilissimo capire cosa scrivere, nella prima che ho buttato giù ho scritto praticamente un tema su di me, ciò che mi piace, chi sono. Pensavo fosse una cosa carina. Ecco, niente di più sbagliato! Perché a Milano il tempo è denaro, e qui tutti ottimizzano i tempi e corrono (ancora non ho cominciato e già mi mancano le pause caffè di Palermo). Un responsabile delle risorse umane mi ha spiegato che non serve, anzi è praticamente inutile scrivere un poema, il segreto è sintetizzare, tra intestazione e spazi vari mi ha continuato a spiegare che il corpo della lettera non deve essere più lungo di otto (dieci nei casi limite) righe. Dopo aver imparato la mia prima lezione su come trovare un lavoro a Milano, ho dato un’occhiata su google giusto per darmi un aiuto. Mi ci è voluto un po’ ma ho sfornato una discreta cover letter da allegare al mio curriculum, mi sono sentito così orgoglioso che mi sono dato una pacca sulle spalle da solo (ragazzi c’è bisogno di essere incoraggiati, e vista la mia situazione di emigrato, ci penso da me).

Dopo aver affinato le mie armi posso anche partire alla conquista della città, come inizio ho deciso di puntare su questi portali dedicati alla ricerca (indeed, infojobs etc. etc.): dopo aver effettuato la mia bella e fiduciosa iscrizione ho cominciato a scorrere tra le varie offerte, ed ho notato che qui usano moltissime terminologie british. Ok che dobbiamo essere open mind e sapere le lingue è importante, ma a volte mi sembra che tutto questo sia volto a scoraggiare. Come se non bastassero tutte le diciture oltre Manica, mi sono imbattuto in un sacco di sigle e indici economici, roba che non trovi neanche nei cruciverba della settimana enigmistica. 

Ma la cosa che mi ha lasciato veramente atterrito è che su certi annunci chiedono laurea (ok) almeno tre lingue tra cui arabo o cinese mandarino (meno ok) esperienza di almeno cinque anni e ovviamente un’età massima di 27 anni, al che mi sono domandato se esistessero persone del genere, cioè mi sembra che le richieste siano un poco eccessive e sopra la media (beh ragazzi per quanto mi riguarda a ventisette anni già lavoravo ma trascurando gli studi e comunque senza tempo per imparare tutte le lingue del mondo fuorché l’inglese). A questo punto mi sa che devo restringere il campo e concentrare i miei sforzi in qualcosa di più pertinente con le mie capacità (che non comprendere essere un traduttore multilingue vivente). Da buon ragazzo del Sud, ho iniziato a cercare lavori che spaziano tra il commesso e l’impiegato guardando attentamente le tipologie di contratto (il sogno Italiano del posto fisso). Ho anche cercato nel settore alberghiero. Insomma tutti quei posti che comunque richiedano un contatto col pubblico, perché si sa che noi palermitani siamo tra i popoli più socievoli, quindi perché non sfruttare questa capacità e provare a portare un po’ di vivacità sicula in terra lombarda? La quantità di offerte di lavoro mi fa ben sperare, so che non sarà immediato ma mi sento carico, ottimista, credo che basti un po’ di perseveranza e di sacrificio e i frutti arriveranno. 

Oltre ai miei vari obiettivi sulla carriera c’è anche il desiderio di sfatare tutti i luoghi comuni di cui siamo avvolti, per carità non è che siano tanti ma ancora qualcuno persiste ed è compito di ogni siciliano fuori sede tener alto il buon nome della nostra terra. Anche se Milano continua a comportarsi molto bene con me, anche se finora non ho avuto problemi anzi ho trovato solo persone gentili e cordiali nonché un clima piuttosto accettabile, la sera prima di andare a dormire i miei pensieri sono rivolti a Palermo, credo che sia proprio vero il detto «puoi togliere un siciliano dalla Sicilia, ma non puoi togliere la Sicilia da un siciliano».

Salvatore Lo Presti

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