Non nomina mai
l’alleato di governo, il gemello diverso del populismo Matteo Salvini che, in mattinata, aveva incendiato un’altra piazza catanese. Il derby dei comizi, alla fine, non c’è stato. E si dedica nel dettaglio alle elezioni del 10 giugno solo a fine comizio, sposando un cavallo di battaglia dal sapore assai retrò: «Eleggere un sindaco del Movimento significa eleggere un sindaco con il governo centrale dalla vostra parte». Un po’ come l’invito dei partiti di una volta, a votare alla stessa maniera dai Comuni fino a Roma. Per il resto Luigi Di Maio si prende l’abbraccio di piazza Dante a Catania ricambiandolo con l’agenda-contratto dell’esecutivo di cui è, da due giorni, vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico.
A caricare la piazza del candidato sindaco M5s, agitando la ribellione grillina su temi prettamente cittadini era stato, prima dello stesso aspirante sindaco Grasso, il senatore Mario Giarrusso. Il sindaco Enzo Bianco doveva lasciare il Comune ben prima di queste Amministrative: «Quando la Procura ha indagato sulla vergogna della raccolta dei rifiuti e sequestrato le carte dagli uffici». Ce n’è anche per il candidato del centrodestra Salvo Pogliese: «Lui è il signore della preferenza, ha imbarcato nove liste. Lo sappiamo, abbiamo visto come riescono a far votare anche i morti», attacca Giarrusso. Forse un riferimento allo scandalo sui voti nella casa di cura alle ultime Regionali che, però, aveva lambito il deputato Ars Pd Luca Sammartino e non l’area del forzista.
Poco importa alla piazza del Movimento 5 stelle, ormai partito di governo. Evitato il confronto con
i pienoni di piazza Università durante i passati comizi di Beppe Grillo, piazza Dante, accanto il Monastero dei Benedettini, si riempie ma nemmeno scoppia. L’entusiasmo è comunque al top: c’è chi si commuove – lo fa anche la neo-ministra della Salute Giulia Grillo, sul palco prima della vicepresidente del Senato Paola Taverna e dello stesso Di Maio –; chi smania per un selfie con «Luigi» e agli altri frontman grillini, tra cui anche l’ex Iena Dino Giarrusso; chi, forse per i trenta gradi, si sente male e viene soccorso dai sanitari. Tutti, comunque, si sentono parte di una gran cavalcata partita da molto lontano e inarrestabile. «In dieci anni siamo arrivati a prenderci il governo, adesso abbiamo un’occasione storica perché finalmente al governo ci siete voi, i cittadini», catechizza Di Maio. Ma tappa fondamentale era stata soprattutto la campagna delle Regionali, rievocata da Giancarlo Cancelleri come un seme che ora deve germogliare. «Ci è servita per vincere alle Politiche e per ricordare a ciascuno di noi che il bene di tutti dipende dalle nostre scelte». L’ottimismo è alle stelle, così come la fiducia nel «contratto di governo» con l’alleato innominato Salvini, rivale sui territori – e a Catania – dove la Lega isolana in ascesa riabbraccia quasi ovunque i candidati di Forza Italia e Meloni. Il «lavoro» si prende metà comizio, dal grande classico del reddito di cittadinanza alle riflessioni sul salario minimo «da far valere anche per i liberi professionisti» e sul superamento del Job act renziano, perché «non ci possono essere stipendi da fame». Un’ovazione infiamma piazza Dante quando Di Maio ricorda l’imminente «taglio dei vitalizi agli ex onorevoli».
Resta tutto sommato sullo sfondo la complessità della partita elettorale di Catania. Nel Movimento l’unica certezza ostentata è che
il flop di cinque anni fa non si ripeterà. I pronostici li uniforma l’eccitazione della piazza, mentre Giovanni Grasso fissa l’obiettivo con lo spirito di chi di una bella speranza fa virtù: «Dobbiamo riprenderci Catania e vincere le elezioni, al primo turno, ditelo agli amici, ai vicini, a chi rinuncia a votare perché intimorito dai questuanti dei seggi». Stando ai sondaggi, ovesse arrivare quantomeno il ballottaggio, in realtà, vorrà dire che l’ascesa al governo del M5s avrà fatto il miracolo.
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