Quanti sono i defibrillatori a Catania? Qual è il livello di cardio-protezione della città? Domande che non hanno una risposta in assenza di una precisa mappatura di tutti gli apparecchi elettronici nel territorio, ma che tornano d’attualità quando la morte per arresto cardiaco diventa un fatto pubblico. Il 9 agosto scorso un ciclista si è accasciato a terra nei pressi di piazza Nettuno, pressapoco nello stesso punto del lungomare etneo in cui, il 13 maggio 2019, era morto anche il podista Carlo Maravigna. Otto mesi dopo quest’ultimo evento, grazie a una donazione della Federazione italiana di atletica leggera, due defibrillatori erano stati installati rispettivamente all’interno dei bar Europa e La Tavernetta. Ma dove sono posizionati gli altri e come possono essere individuati? Interrogativi legittimi ma in che in pochi si pongono.
Dove sono obbligatori?
I defibrillatori semiautomatici sono obbligatori in ogni impianto sportivo e nei mezzi di soccorso. A doversi dotare degli apparecchi sono, inoltre, anche le società sportive professionistiche e quelle dilettantistiche. Ci sono poi una serie di punti in cui il ministero della Salute consiglia di posizionarli. Tra questi, i luoghi in cui c’è una elevata presenza di persone, le scuole e le università.
La mappatura
Non esiste un numero preciso dei dispositivi presenti sul territorio e ogni realtà si organizza in autonomia con risultati non sempre soddisfacenti, specie in termini di affidabilità e aggiornamenti. Uno degli esempi migliori è quello dell’Azienda regionale emergenza urgenza della Lombardia con una mappa che riporta tutti gli apparecchi – 12.314 – segnalati nel territorio regionale con tanto di collocazione precisa come armadietti, corridoi o reception. Alcune associazioni, come Trentaore per la Vita, si muovono nella stessa direzione con operazioni di sensibilizzazioni in cui invitano i cittadini a segnalare la presenza delle apparecchiature. Un po’ come ha tentato di fare il Comune di Mascalucia con un avviso pubblicato nel 2019 per monitorare il proprio territorio. Ci sono infine le applicazioni per gli smartphone. Una di queste, DAEdove, su tutto il territorio di Catania però non elenca nemmeno un defibrillatore.
«Bisognerebbe fare un censimento dei defibrillatori pubblici e privati presenti sul territorio», spiega a MeridioNews Stefano Casabianca, presidente dell’Associazione italiana autisti soccorritori. Il tema nelle scorse settimane è finito anche sul tavolo di due commissioni consiliari del Comune di Catania. «Siamo stati sentiti come associazione – continua Casabianca – Ed entrambi gli organi si sono espresse favorevolmente. Ma bisogna passare quanto prima ai fatti concreti». Tra le morti per arresto cardiaco che hanno scosso maggiormente la comunità c’è sicuramente quella di Raffaele Barresi, deceduto nel 2018, a 17 anni, mentre era in classe al liceo scientifico Principe Umberto. Dopo qualche mese è nato un progetto pilota, Il cuore di Raffaele, per il primo soccorso nelle scuole.
La catena della sopravvivenza
L’utilizzo del defibrillatore e la sua ricerca però non devono avere priorità rispetto ai vari step previsti dalla catena della sopravvivenza. Cioè quei passaggi che, se eseguiti correttamente, possono aumentare la possibilità di scamparla. Quando si assiste a un malore bisogna chiamare immediatamente il numero di emergenza. Il secondo anello prevede la respirazione cardio-polmonare. Gli altri due sono l‘utilizzo del defibrillatore e la somministrazione di cure avanzate da parte del personale medico o infermieristico.
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