«Il rione si è sentito abbandonato e pian piano l’asilo è diventato il segno di questo abbandono, una rappresentazione simbolica dell’assenza delle istituzioni». A Danisinni l’unico presidio sociale rimasto è la parrocchia sant’Agnese. Da quattro anni fra Mauro Billetta è alla guida della chiesa di questo antico quartiere, appena sotto piazza Indipendenza ma che sembra fuori dal tempo – nonostante si inserisca all’interno del percorso arabo normanno dell’Unesco. Dal 2008 l’asilo nido Galante è rimasto chiuso, dopo che è stata accertata l’inagibilità della struttura. E con esso anche il consultorio, fortemente voluto dall’ex consigliera comunale Antonella Monastra.
«Il Comune ci ha da poco promesso che ha organizzato un concorso di idee sulla ristrutturazione della struttura – continua fra Mauro -. Fino a questo momento ci sono stati più tavoli tecnici, ma fino a quando non vedremo nero su bianco il progetto non saremo tranquilli. Staremo dietro alle parole e agli annunci». Come fa notare la giornalista Rossella Puccio, che si dice «innamorata del quartiere» e che cura la comunicazione dei vari progetti che lo stanno riqualificando, i resti dell’asilo «spezzano in due la piazza. Addirittura ci sono persone che non si parlano da una parte della cancellata all’altra. Per questo stiamo lavorando per abbattere almeno l’inferriata. Il primo passo è stato poi quello di ripensare lo spazio insieme all’Accademia delle Belle Arti, coinvolgendo gli studenti del corso di Arte ambientale».
All’interno del perimetro scolastico c’è persino una sorgente dell’antico fiume del Papireto, ora coperta dall’erba e dai rifiuti. Il cancello resta chiuso, ma non è infrequente che i ragazzi e le ragazze di Danisinni riescano comunque a entrarci, respirando macerie e immondizia. E pensare che fino al 2008 c’era anche un orto, che veniva coltivato dagli stessi bambini, dai genitori e dalla gente del quartiere. «Lo stesso consultorio era un punto di riferimento per le donne – racconta la volontaria Tamara Trovato -. Non potendo lasciare i bambini a scuola le donne non possono andare a lavorare e ciò che problemi economici».
Un concetto ribadito anche da fra Mauro, che aggiunge come «l’assenza della scuola e del consultorio porta con sè ripercussioni evidenti. L’asilo ad esempio era anche un sostegno al ruolo educativo delle madri, nonché un’apertura e un’interazione del quartiere col resto della città. Stessa cosa per il consultorio, la cui opera di prevenzione era fondamentale». Da tempo è la stessa chiesa ad aver provato a sopperire alle lacune, avviando un poliambulatorio per le prime necessità che è composto da medici volontari. Un tentativo lodevole ma che non può bastare e «ciò incide sulla salute delle giovani donne di Danisinni».
«Qui c’è gente che non ha mai eseguito neanche un pap test» aggiunge Rossella. Anche perché la stretta – e unica – via di accesso al quartiere non consente l’arrivo dei mezzi pubblici. Col risultato che, a detta di fra Mauro, i cittadini del quartiere «sono arrabbiati». Ecco perché l’azione coordinatrice della parrocchia, insieme alle attività delle associazioni del territorio e dell’Accademia delle belle arti, mira a riprogettare l’intero quartiere. «Pensare che qui possa esserci un presidio dei vigili urbani o del Comune è una cosa – afferma la docente Valentina Console -: certamente è un passo necessario, ma noi crediamo che un presidio creativo sia più dolce, meno invasivo, con la gente che arriva da fuori e che farebbe capire agli abitanti del quartiere che ci stiamo occupando di loro. Uno dei maggiori problemi di Danisinni è che continua ad essere additato, mentre invece è forte la volontà di cambiamento».
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