Dalla stazione a Misterbianco per la littorina L’odissea di due turisti in cerca di indicazioni

Il loro sguardo si muove incessantemente tra una delle coperture che dondola sulle loro teste, la tappezzeria dei sedili e l’autista che a gesti cerca di dare loro indicazioni mentre strappa i loro biglietti anziché vidimarli. Sono due turisti inglesi a bordo di un autobus dell’Ast della linea Catania-Misterbianco-Motta Sant’Anastasia, nel caldo di un pomeriggio di fine agosto alla stazione centrale. La coppia, un uomo e una donna di circa 30 anni, quando trova qualcuno che li comprende e sia in grado di dare informazioni si rilassa leggermente. Chiedono delle fermate per Misterbianco e sui tempi che impiegherà il bus ad arrivare. Sono partiti dalla stazione di Catania. «Quindici minuti? Sono solo dieci chilometri…», chiede la donna speranzosa. «A volte anche trenta minuti», è la risposta che li fa preoccupare nuovamente. «Così perderemo il treno», mormora la giovane.

L’uomo cerca sul suo smartphone una mappa e la mostra: indica la stazione della littorina. Il loro obiettivo è prendere il treno Fce che collega Catania a Riposto e che per molti turisti è una delle attrattive consigliate nel Catanese. «Veniamo da Brighton – raccontano – Alcuni amici ci hanno consigliato di visitare l’Etna. Sia i crateri che la zona intorno». Però qualcuno ha consigliato loro di prendere l’Ast fino a Misterbianco, fare oltre mezzo chilometro a piedi dalla fermata più vicina per poi prendere il treno dalla stazione misterbianchese. «Perché non siete andati al capolinea della littorina (al Borgo, ndr), usando la metropolitana?». La domanda li getta nello sconforto: «Perché ci hanno dato indicazioni sbagliate?», si infastidisce l’uomo. 

Ed è da questo momento che è possibile vedere il viaggio su una linea dell’Azienda trasporti siciliana non con gli occhi di una pendolare che viaggia quotidianamente su queste rotte da oltre 17 anni, ma con quelli di una coppia di giovani che hanno scelto la Sicilia come meta turistica. Come siano riusciti a capire che quello fosse l’autobus giusto sembra un miracolo: è solo fortuna che il bus sia parcheggiato nella piazzola riservata alla tratta e non – come spesso accade – che l’autista si sia limitato a urlare la destinazione, affidando la speranza di partire all’udito dei passeggeri. Nessuna targhetta ufficiale segnala la tratta, solo un pezzetto di carta con su scarabocchiato soltanto il capolinea finale, quello di Motta. 

Il mezzo passa per molte delle strade sconsigliate ai turisti dall’opuscolo diffuso dalla polizia etnea. Qualche foto alla frutta esposta nell’enorme bancarella installata sulla carreggiata nei dintorni del faro, un po’ di fastidio per il ritardo causato da una macchina parcheggiata in doppia fila in corso Indipendenza, sorpresa per i bracieri incastrati tra le auto in piazza Marconi. Lentamente, ma non troppo, il mezzo si lascia alle spalle il traffico dell’ultima rotonda della circonvallazione catanese e si avvicina alla loro destinazione intermedia. «Lascia acceso il gps», ammonisce la donna indicando il cellulare. «Yeah, non voglio che ci facciano perdere ancora», concorda il compagno. 

Provano a prenotare la fermata, ma il rumore del motore copre il suono del campanello. L’autista, nonostante sia alla guida, gesticolando fa capire ai due turisti che le porte posteriori non funzionano e che devono scendere da quelle anteriori. Viene fatto notare loro che sarà meglio calcolare i tempi delle corse del treno, per evitare brutte sorprese. Si accigliano e forse è chiaro capire il perché. Se dell’Fce gli orari è possibile trovarli online, anche se il portale non ha una versione inglese, dell’Ast è impossibile avere informazioni sul web. Forse, per cercare di rimediare a queste vicissitudini, una viaggiatrice regala loro una copia degli orari e la speranza che non conservino un ricordo troppo negativo di questa terra. Per i suoi mezzi di trasporto, ormai, è troppo tardi

Carmen Valisano

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