Dal record di Alì al paese dove il No vince di due voti I borghi in cui il referendum ha diviso la cittadinanza

Tra Alì e San Marco d’Alunzio ci sono 140 chilometri, quasi due ore e mezza di strada. Eppure stanno nella stessa provincia, Messina, e rappresentano i poli opposti di un voto che in larghissima parte in Sicilia è stato un plebiscito a favore del No alla riforma costituzionale del governo Renzi. Ad Alì – 795 abitanti su una collina che si affaccia sul mar Jonio – solo 49 persone hanno messo una croce sul . Tutti gli altri, l’84,59 per cento dei votanti, hanno scelto il No. La percentuale più alta nell’Isola. 

«I miei concittadini confermano che alla carta costituzionale ci tengono», commenta il sindaco, Pietro Fiumara, che risponde direttamente al centralino del Comune, «sono andati via tutti, stavo chiudendo», spiega. Anche lui fermo sostenitore del No. «Da noi non serve organizzare eventi, del referendum si è parlato in piazza, nei bar, nei circoli culturali, magari davanti a un bicchiere di birra. Siamo il Comune più conservatore – continua -, ma se parliamo di Costituzione questo è un vanto». Stamattina ad Alì la notizia del record regionale di No ha reso orgogliosi i più giovani. «Mi hanno chiamato per dirmelo, ma onestamente pensavo che scherzassero», precisa Fiumara. Dall’altra parte della Provincia, invece, sulla fascia tirrenica, si incontra San Marco d’Alunziounico centro dell’Isola dove le ragioni del premier Matteo Renzi hanno convinto la maggioranza dei cittadini. Una macchiolina con tonalità diversa in una mappa monocolore. 

I casi in cui il se l’è giocata davvero si possono facilmente contare: solo in 13 Comuni su 390 le preferenze a favore della riforma costituzionale hanno superato il 45 per cento. Piccoli paesini, arroccati spesso in zone impervie, dove a fare la differenza è stata una manciata di voti. Solo due preferenze a Frazzanò, alle porte dei Nebrodi messinesi, hanno diviso i No dai , e la beffa è rappresentata da nove schede tra bianche e nulle, un tesoretto che, nel paese dove gli elettori sono appena 584, rappresenta il tre per cento. Risultato arrivato nonostante il sindaco, Gino Di Pane, si sia speso per il . «A chi mi ha chiesto ho sempre detto che la riforma andava fatta – spiega il primo cittadino – la discussione nelle settimane scorse è stata semplice, senza cercare di convincere a tutti i costi. Ma ho notato che molti hanno votato No senza sapere esattamente perché».

A Roccafiorita, qualche centinaio di chilometri più a Est rimanendo nella frastagliata provincia peloritana, il No si è imposto per quattro voti: 47 a 43, una differenza che in termini percentuali rappresenta ben cinque punti. E proseguendo nella ricerca delle enclave favorevoli alla riforma si scoprono Gualtieri Sicaminò e Sinagra, dove il ha raggiunto rispettivamente il 46 e il 45 per cento. 

Vittoria sfumata per dodici voti anche a Buccheri, nel Siracusano, dove il si è fermato al 49,32 per cento. Percentuali poco inferiori a Geraci Siculo (Palermo) col 48,07 per cento; Montedoro (Caltanissetta) 47,10; Gagliano Castelferrato (Enna), 46,83; Monterosso Almo (Ragusa), 46,27; Aci Bonaccorsi (Catania), 46,07; Isnello (Palermo) 45,49 e Sambuca di Sicilia (Agrigento) 45,19. Gocce di Sì in un mare di No. I contrari alla riforma in Sicilia hanno collezionato un record dietro l’altro: l’Isola è la seconda regione italiana (preceduta solo dalla Sardegna) per percentuale di No, Palermo è il primo capoluogo di RegioneCatania la prima provincia.

Salvo Catalano

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