Adesso è ufficiale: dal primo gennaio del 2015 non si nascerà più a Paternò. A determinarne la chiusura, peraltro annunciata da tempo, il provvedimento a firma del vice direttore sanitario Giuseppe Spampinato e del direttore medico Rosario La Spina, i quali hanno specificato che dal primo di gennaio «l’attività di sala parto si effettuerà solo nel punto nascita del presidio ospedaliero di Biancavilla, mentre nel presidio ospedaliero di Paternò resteranno attive le procedure ostetrico-ginecologiche ambulatoriali e chirurgiche erogabili in regime di day-service o day-surgery. Da gennaio a giugno 2015 – si legge ancora nella nota di servizio – sarà assicurata la presenza del ginecologo o della ostetrica dalle ore 8 alle ore 20, e dalle ore 20 alle ore 8 solo la presenza di una ostetrica con un ginecologo in pronta disponibilità». Fin qui la nota ufficiale dell’Asp Catania, ma le donne paternesi prossime a diventare mamme, obbligate a emigrare dalla propria città per andare a partorire altrove, non la prendono bene. «Io mi sono trovata bene, sia come struttura che come personale – afferma Daniela, 39 anni, residente a Paternò e madre di due bambine – Francamente mi sembra una vigliaccata la chiusura del punto nascita. Non ne vedo assolutamente la necessità. Tra tanti sprechi che ci sono nella sanità, non penso proprio che il nostro punto nascita sia una di questi».
Duro il commento di un altra donna Maria, 42 anni, che ha partorito all’ospedale paternese i suoi due figli: «Con questa disposizione si cancella l’identità di una comunità di 50mila persone. Ancora una volta un sacrosanto diritto, quello alla salute, è stato sacrificato sull’altare della convenienza politica». Per Agata, 30 anni, tre figli nati a Paternò, la chiusura del punto nascita rappresenta la più «totale confusione della mente dei nostri politici. La stragrande maggioranza delle partorienti della zona non credo proprio che si recherà a Biancavilla, di sicuro si dirigerà verso gli ospedali o cliniche convenzionate di Catania. Ma è anche vero che alcuni medici ginecologici paternesi, negli anni passati, hanno spinto le proprio pazienti a partorire fuori Paternò. In un certo senso ce la siamo anche cercata». E intanto annuncia battaglia il sindaco di Paternò Mauro Mangano: «Come abbiamo già ribadito nei giorni scorsi, siamo assolutamente contrari alla decisione dell’Asp di Catania di chiudere e trasferire il reparto ancor prima che i lavori nella nuova struttura siano ultimati – commenta il primo cittadino -. Abbiamo già, nei giorni scorsi, inviato una lettera di diffida alle autorità competenti, contro una decisione che appare avventata e incurante della salute dei nostri cittadini. Ma, visto che tale azione non è stata sufficiente, siamo pronti a presentare ricorso al Tar».
A occuparsi in queste ore della necessaria documentazione, spiega Mangano, è la neo assessore agli Affari legali Valentina Campisano. «Il ricorso sarà corredato da un’istanza cautelare per ottenere, nell’immediato, la sospensione del provvedimento – continua il sindaco -. A nostro avviso, infatti, il punto nascita del Maria Santissima Addolorata di Biancavilla non può garantire, allo stato attuale, le condizioni minime di sicurezza per i pazienti, né i requisiti di comfort alberghiero previsti». Anche il Comitato pro ospedale fa sentire la sua voce: «Non è una questione di campanile, bensì di rispetto dei diritti alla salute. Nemmeno il primo cittadino di Paternò è stato informato dall’Asp etnea della decisione che diventerà operativa alla mezzanotte a cavallo tra il 31 dicembre e l’1 gennaio prossimi». Anche il senatore del Ncd Salvo Torrisi scende in campo: «Il provvedimento dell’Asp è profondamente sbagliato poiché riguarda non solo i 50mila abitanti di Paternò, ma un bacino di utenza di ben 150mila unità. Preso atto della decisione definitiva, adesso si dovrà fare fronte comune contro il suddetto provvedimento ricorrendo al Tar e facendo in modo che la Procura indaghi anche sulla liceità dell’operato dell’Asp 3 sullo stesso provvedimento».
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