Cittadini, gente del quartiere, istituzioni, amici ma soprattutto tantissimi mandarini. Non manca nessuno alla festa di oggi fra gli alberi di via Funnuta a Ciaculli. È qui che da oggi riparte ufficialmente l’associazione Acunamatata, titolare del progetto MandarInArte, che insieme a Solidaria gestisce un ex bene della mafia. Riparte tutto dopo oltre un anno di stop forzato, tra disavventure e lungaggini burocratiche. Era dicembre 2017 quando i volontari scoprivano l’occupazione abusiva di alcune famiglie, che avevano deciso di mettere le tende (letteralmente) nella struttura che si erge fra gli alberelli di tardivo. Lo sgombero coatto, un mese dopo, lasciava però dietro di sé sgomento e rassegnazione: la sede era stata svuotata di tutto, non c’erano più neppure porte e infissi, tra cose distrutte o portate via. Per non parlare delle successive e continue incursioni vandaliche, che hanno contribuito a rallentare ulteriormente la rinascita di questo posto. Oggi però non manca niente, o quasi, per ricominciare con le attività. E la prima cosa ad essere inaugurata è stata, non a casa, la cucina sociale, finanziata grazie all’otto per mille dalla Tavola Valdese e intitolata a Francesco Paolo Pipitone, presidente della banca di Altofonte ucciso dalla mafia nel 1991.
«Una di quelle vittime oggi un po’ dimenticate, forse, e da cui abbiamo deciso di ripartire, proprio da un luogo simbolo come questo», racconta Romolo Resga, presidente dell’associazione. «Abbiamo ricevuto un grande aiuto dagli amici, da chi ci segue, da tutti quelli che hanno dato dei finanziamenti di tasca loro – continua -. Solo per fare un esempio, a Pavia, da dove vengo io, c’è un locale che si chiama Spazio Musica che si ricordava ancora di me e ha fatto una raccolta fondi riuscendo a mandarci 1200 euro». Mentre il contributo più importante di tutti è arrivato da Fondazione Con il Sud, che ha donato quasi 40mila euro, permettendo quindi di ripartire a tutti gli effetti. «Senza non ce l’avremmo fatta, qui era tutto sventrato». Entro marzo partiranno due laboratori, uno di tradizionalgustando proprio fra gli attrezzi e i macchinari della nuova cucina sociale e quello di legalità.
Mentre i prodotti a marchio MandarInArte, dai liquori alle marmellate, vengono realizzati in un laboratorio a Lercara Friddi, e i volontari hanno continuato a produrli anche durante questo anno di stop. «Qui in sede non possiamo vendere ma dare i nostri prodotti in cambio di un contributo volontario, non è una vera e propria vendita come quelle ai negozi oppure online». Prezioso anche il contributo delle guide palermitane (e non solo) dell’Agt, che non si sono limitate a spargere la voce, ma che a Ciaculli sono venuti a vedere, a parlare, a credere. «Quest’anno è stato durissimo, ma alla fine siamo qui e possiamo ricominciare con uno spirito ancora più convinto – osserva Resga – Attorno a noi c’è gente che ci apprezza, abbiamo voglia di dare una risposta positiva a tutti, sappiamo che non siamo soli ed è questa la cosa più importante. I nostri sono prodotti artigianali, un po’ di nicchia, abbiamo 150 alberi da cui ricaviamo circa quattromila marmellate e anche bottiglie, niente di più. È un modo per riscattare una terra che è stata per anni ostaggio della mafia e che non lo è più, e per rispettare quella Conca d’oro che quasi non esiste più, attorno a noi è tutto abbandonato».
La struttura, infatti, è stata legata ai boss Prestifilippo, vicini a Michele Greco. Mentre adesso punta a diventare il punto di riferimento di un quartiere dove non c’è molto. Con sei operatori di Acunamatata, tre del Centro padre nostro e due di Immaginaria, aspira a diventare un «posto della città». «Questo è un territorio dove, rispetto alla presenza pubblica e istituzionale, c’è molto poco – ribadisce anche Giuseppe Mattina, assessore alla Cittadinanza solidale -. Non ci sono altri servizi pubblici in questo quartiere. Dobbiamo fare in modo che questo progetto e questo luogo diventino il volàno per far ripartire l’intero quartiere, è l’unica presenza pubblica qui a Ciaculli, neanche per sbaglio c’è altro». Ecco perché si punta quindi anche a potenziare MandarInArte, trovando altre risorse e proteggendo questo territorio meglio di come è stato fatto in passato. «È un’occasione che non possiamo perdere. Che questo diventi una possibilità in più per questo territorio, per coinvolgere i ragazzi e la gente del quartiere, creando un percorso di partecipazione umana e collettiva».
Per affrancarlo, soprattutto, da quel passato pesante che si trascina ancora dietro. Per essere la terra dei mandarini, non della mafia. «Ci sono molte risorse qui, sia fisiche che umane, e la sfida è fare emergerle, solo così possiamo riprenderci questo territorio», sostiene anche uno dei volontari, Filippo Calcavecchia. Lasciando, nel frattempo, la porta sempre aperta, in questo luogo dove simbolicamente nessuno ha mai voluto erigere cancelli, perché tutti si sentano benvenuti. Resta un po’ di amarezza perché, malgrado la festa di oggi e la partecipazione, c’è stata una grande assente: la scuola. O meglio gli istituti che hanno sede proprio a Ciaculli. Sembra che i tempi burocratici non abbiano consentito agli studenti e ai docenti di esserci, se non per singole presenze volontarie.
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