Da Sud a Nord col mulo Ernesto per girare un doc  «Vogliamo realizzare una seconda Unità d’Italia»

Un ingegnere del suono palermitano, due videoperatori, e un mulo dal nome altisonante di Ernesto Garibaldo: è la spedizione che partirà sabato da Scillato per affrontare, zaino in spalla e a piedi, un viaggio di cinque mesi dalla Sicilia al Piemonte. Il progetto si chiama Woodvivors – Un viaggio alla scoperta dell’Italia nascosta, e da questa esperienza verrà tratto un documentario. Il percorso si snoderà lontano dalle strade trafficate, attraverso i boschi e i monti che nascondono una parte d’Italia fatta di piccoli borghi che vivono rispettando tradizioni antiche. La partenza è prevista per oggi alle 12 da Scillato, con tanto di banda del paese e saluti del sindaco. A realizzare il viaggio saranno Francesco Lanzino, 24enne palermitano, Dario Santoro, 25 anni e anch’egli di Palermo, Never Milesi, 23 anni e che viene invece da Chieri (Torino).

«La nostra idea è di evitare i grossi centri urbani» spiega Francesco Lanzino, ideatore dell’iniziativa. Studente di musica elettronica al conservatorio Bellini, con esperienze a Parigi come microfonista per un collettivo artistico, Landino mostra di avere le idee chiare: «Più ti avvicini al mare e più il Paese diventa moderno, più sali in alta quota e più le tradizioni restano. Vogliamo arrivare in Piemonte per realizzare metaforicamente una seconda Unità d’italia, per capire se siamo davvero italiani, anche perché la storia italiana è fatta dall’agricoltura e non certo dall’industria o dal terziario. Noi non ci facciamo caso ma la gente non zappa più da pochi decenni, ora l’aspirazione è fare l’impiegato in Comune». A supportare l’iniziativa Woodvivors è Ecomulo, che viaggi del genere li intraprende ormai da anni. «Lavoro a questa idea da novembre, poi a gennaio sono entrato in contatto coi ragazzi di Ecomulo, e loro mi hanno donato Ernesto, garantendomi anche la copertura mediatica coi contatti che hanno già. Il mulo sarà fondamentale: trasporterà tutte le nostre attrezzature professionali per girare, abbiamo comprato un pannello solare da camper col quale ricarichiamo la batteria, avremo smartphone e gps invece delle vecchie mappe». 

Una tradizione, dunque, che non fa rima solo con antichità e si dimostra capace di coniugarsi con la modernità. Nonché di saperla declinare in senso critico, perché non tutto ciò che è nuovo è giusto: «Non ci interessa realizzare reportage, ci interessa invece far parlare le persone che incontriamo nel viaggio. Avremo le stesse domande per tutti, per mettere in evidenza differenze e affinità. Le persone che vivono in montagna hanno una sacralità che è tutta loro, è un mondo che si è perso, sono posti dove la natura è prevalente al cento per cento. Per dire: ci sono luoghi dove se le persone non raccolgono la legna non possono farsi la doccia calda, a Trapani non c’è il frigorifero perché usano il sale, sull’Etna usano il ghiaccio per condensare i cibi».

Ma da dove viene questa idea di percorrere l’Italia a piedi? «Non mi sono svegliato un giorno e ho scelto così all’improvviso – continua Francesco – già nella mia vita faccio da anni trekking in montagna in autosufficienza, essenzialmente per necessità perché la situazione nei parchi naturali non è ottimale. Non ci sono rifugi che ti ospitano, non c’è la possibilità di comprare cibo. Negli ultimi tempi poi ho percorso i Sentieri italia che ha aperto il Cai (Club Alpino Italiano … ndr) negli anni ’90, a tappe di 20-25 chilometri sono arrivato in Basilicata, dentro di me allora è nata questa voglia di fare questo percorso in un’unica volta».

E come si realizza un viaggio del genere, in un’epoca in cui spostarsi senza un mezzo motorizzato sembra un’utopia? «Ci muoveremo in autosufficienza, ogni sei-sette giorni faremo al massimo la spesa in qualche paesello. Cercheremo un minimo di appoggio, almeno per il mulo, anzi noi gli scambi con le persone li cerchiamo, non vogliamo fare gli eremiti. Quello che più mi attira è che basta fare 20 chilometri a piedi in un giorno e vedi che cambia il dialetto, cambiano gli animali che vengono allevati, cambiano gli ingredienti usati per cucinare. Lo percepisci anche spostandoti in auto, certamente, ma a piedi vivi di più questi dettagli». 

Andrea Turco

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