Da Mezzojuso la prima solidarietà per le sorelle Napoli Battaglia: «Qui c’è diffidenza verso le forze dell’ordine»

«C’è una piccola parte di cittadini di Mezzojuso che ci offre sostegno e comincia a ridestarsi dal torpore. Poi c’è ahimè una grande maggioranza, che è vicina al mondo della pastorizia e all’amministrazione comunale, che invece avalla la tesi che sia tutto una montatura». Avrebbe fatto volentieri a meno delle luce dei riflettori Salvatore Battaglia, il giovane assicuratore che lo scorso 30 dicembre – dopo aver manifestato negli ultimi tempi pubblico sostegno alle sorelle Napoli – ha visto incendiata la propria auto. Fino a questo momento, infatti, la cittadinanza che finora ha reagito con fastidio alla continua presenza della troupe di La7 e del programma Non è l’arena che da quasi un anno raccontano le vicende delle sorelle Irene, Nina e Marianna Napoli nella loro battaglia contro chi vorrebbe appropriarsi dei loro terreni.

Nella puntata tv del 6 gennaio il conduttore Massimo Giletti ha regalato in diretta tv all’assicuratore di Mezzojuso una nuova auto. Un gesto che però, al rientro nel paese, non ha garantito a Battaglia la necessaria serenità. Tanto che, nel nuovo blog che ha creato dal 9 gennaio, ha pubblicato il contratto relativo alla finanziaria del suv andato in fiamme. «Se io sono costretto a dimostrare, dati alla mano, che non godevo della clausola furto/incendio e che la vettura è stata comprata a giugno con ancora 30 rate da pagare – dice – c’è qualcosa che in questo momento non funziona. Ho avuto quasi 30mila euro di danni. Certamente è stata una manna dal cielo l’intervento di La7, ma i disagi restano. Abbiamo pure scelto di contribuire alle spese degli immobili che sono stati danneggiati dal rogo: si tratta di due case i cui proprietari hanno visto dilaniare i sacrifici di una vita. Mio padre (noto carabiniere in città … ndr) ha scelto di contribuire al risarcimento». 

Un gesto certamente non scontato, che ad alcuni può persino apparire eccessivo. «Papà è cresciuto sin da giovanissimo con la mentalità che bisogna essere solidali e vicini chi ha bisogno – spiega il figlio – Non si sente certamente responsabile ma vuole dare un segnale. Anche nelle vicende più spiacevoli si può stare uniti ed essere comunità». Ma a Mezzojuso in tanti hanno messo in dubbio anche le modalità dell’incendio, accusando padre e figlio di aver sostanzialmente inventato l’episodio o quantomeno criticando le loro modalità di intervento. Il clima sociale che si respira a Mezzojuso dunque qual è? «C’è forte diffidenza, soprattutto verso le forze dell’ordine – dice Battaglia – I carabinieri in particolare hanno subito dei pesantissimi attacchi. Nei giorni successivi all’incendio è stata intensificata la presenza di militari in zona, che ha portato a un maggior numero di controlli i quali hanno portato alla chiusura di un’attività commerciale. Da lì sono scattati una serie di post pubblici su Facebook in cui si accusa il maresciallo e capostazione di Mezzojuso di essere il burattinaio di tutto quel che sta accadendo e di voler fare carriera sulle spalle della cittadinanza». 

Quindi quella che sembrava una singola vicenda, cioè quella delle sorelle Napoli, ha fatto venir fuori tutta una serie di altre questioni irrisolte. Una ricostruzione con la quale concorda lo stesso assicuratore. «Il problema è la cultura sociale che porta ancora oggi a voler offendere qualcuno con l’epiteto di sbirro. Cornuto sbirro, per la precisione, perchè gli sbirri sono tutti cornuti» commenta amaramente Battaglia. «La criminalità c’è, va stigmatizzato non chi la combatte ma chi la diffonde attraverso il tessuto sociale». C’è poi la vicenda più prettamente politica: dopo essere andato allo scontro più volte con La7 (e aver querelato per diffamazione il conduttore Massimo Giletti), il sindaco Salvatore Giardina il mese scorso ha nominato assessore il grande accusatore delle sorelle Napoli, il generale dei carabinieri in pensione Nicolò Gebbia. Come può essere interpretata questa scelta? «A me pare una possibile sfida verso l’arma dei carabinieri del nostro territorio. Hanno voluto integrare un ex colonnello, autoproclamatosi generale – che è lo diventato in pensione ma non lo è stato mai in servizio – che mi pare sintomo di una totale incoscienza a tratti in questa vicenda. Non è stata proferita parola ad esempio riguardo l’incendio della mia automobile all’interno di un centro abitato». Nessun sostegno, neanche un commento? «Nessuna presa di posizione pubblica sulla vicenda, nulla» ribadisce l’assicuratore. «Io non richiedo nessun contributo, auspicherei che per le case andate a fuoco l’amministrazione comunale si muovesse, dato che c’è un fondo destinato alle vittime di mafia».

Posizioni chiare, quelle di Battaglia che vengono comunque contestate in paese. Anche perché in passato il giovane è stato tra i promotori del comitato civico a difesa del nome di Mezzojuso. Sorto proprio contro i continui servizi del programma La7 che, nella presa di posizione a favore delle sorelle Napoli, ha cominciato a puntare il dito contro le collusioni dei presunti estorsori. «Ho avuto modo di visionare tutta la documentazione inerente al caso – dice Battaglia – Se la gente avesse contezza di quello che è davvero avvenuto forse cambierebbe idea. Io sono partito da una domanda: perché tanto accanimento in questa vicenda, sia da una parte che dall’altra? E allora ho avuto il desiderio di appurare con i miei occhi quale fosse la verità». 

Intanto il tribunale del Riesame ha disposto l’annullamento degli ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti delle tre persone indagate per minacce e tentativi di estorsione nei confronti delle sorelle Napoli. Il tribunale ha deciso il divieto di dimora nel paese per Simone La Barbera (che resta in carcere per un’altra inchiesta antimafia sulla cosiddetta Cupola 2.0) detto il lungo, e la scarcerazione per Antonino Tantillo, detto Nenè, e Liborio Tavolacci, che erano stati arrestati il 22 dicembre scorso.

Andrea Turco

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