Da Messina a Pisa, premio per tesi su tumore da amianto «Spero di tradurre gli studi in qualcosa di più concreto»

«Non me lo aspettavo, ma naturalmente ci speravo. Ho sempre creduto molto nel mio progetto di ricerca, ma i risultati hanno superato le aspettative». A parlare a MeridioNews è Rossella Bruno, la biologa dell’azienda ospedaliera universitaria pisana, originaria di Brolo (in provincia di Messina) premiata per la migliore
tesi di dottorato
, nell’ambito del PhDay2018, la giornata durante a quale all’università di Pisa vengono premiati i sei elaborati più meritevoli. La sua è una tesi incentrata su uno strumento per diagnosticare un tumore causato dall’esposizione all’amianto.

È dal suo territorio di origine che ha inizio il percorso di studi di Bruno: la maturità classica nel 2004, poi alla laurea triennale in Scienze biologiche
molecolari nel 2007 fino alla specialistica in Scienze e tecnologie biomolecolari all’università di
Pisa nel 2009. «Al liceo Vittorio Emanuele III di Patti, ho capito cosa avrei voluto fare da grande e come
avrei dovuto farlo
», racconta la ricercatrice che nel 2014 consegue il diploma di specializzazione in Genetica medica all’università di Firenze e nel 2018 il dottorato in Fisiopatologia clinica all’università di Pisa.

«Ho avuto la possibilità di partecipare a conferenze scientifiche internazionali dove ho presentato i risultati
della mia ricerca e, soprattutto, ho conosciuto i più importanti ricercatori nell’ambito del mio progetto di
studio
». Progetto che, lo scorso 24 novembre, l’ateneo ha premiato. Durante il dottorato, Bruno aveva presentato i dati preliminari alla XIII conferenza dell’International mesothelioma interest group (Imig) ricevendo il premio destinato ai giovani ricercatori. «La mia tesi di dottorato – spiega la ricercatrice – parla di un nuovo e potenziale strumento molecolare per la diagnosi del mesotelioma pleurico maligno, un
tumore aggressivo causato principalmente dall’esposizione all’amianto. La diagnosi non è sempre facile e, in alcuni casi, è difficile discriminare le lesioni maligne da
quelle benigne». Un tumore raro con un’incidenza sempre più in aumento in Italia. 

«Pare che il picco possa essere previsto per il
2020, a causa del lungo periodo di latenza dell’amianto». E la Sicilia non ne è immune, anzi, secondo quanto riferisce la
biologa «un aumento d’incidenza di mesotelioma è stato osservato anche nel sito d’interesse nazionale
(Sin) di Milazzo
, a pochi chilometri da casa mia, dove c’è un’importante area
industriale. Il Sin – spiega Bruno – include anche il comune di San Filippo del Mela in cui è stata attiva, fino al 1993, un’azienda di produzione di manufatti in cemento-amianto». 

Nell’Isola, oltre agli insediamenti petrolchimici della provincia di
Messina, ci sono quelli di Gela (Caltanissetta) e di Priolo (Siracusa), gli stabilimenti di produzione di manufatti in asbesto-cemento di
Siracusa e San Cataldo (Caltanissetta) e la cantieristica navale a Palermo. «Dai dati dell’ultimo rapporto del registro nazionale mesoteliomi, tra le cause – aggiunge Bruno – ci sarebbe anche l’uso
di sacchi di juta riciclati, specie nel settore agricolo, che prima contenevano amianto in fibre
». 

È il legame con la sua terra che ha spinto la ricercatrice ad approfondire la questione.
«Una mancata diagnosi di mesotelioma ha forti conseguenze sul paziente – denuncia – pertanto, uno strumento
diagnostico valido
potrebbe essere utile per chi è affetto da questo male». Nella sua
tesi, la ricercatrice parla di uno «strumento molecolare che si basa su un pannello di 117
geni il cui profilo di espressione, valutato con un sistema innovativo e altamente specifico e riproducibile
(nCounter system), è stato in grado di classificare i casi analizzati come benigni o maligni con
un’accuratezza maggiore
rispetto ai test diagnostici oggi disponibili. Sebbene ulteriori studi e validazioni
siano necessari – specifica – i risultati ottenuti sono promettenti».

Oggi Bruno si occupa della «caratterizzazione molecolare di marcatori diagnostici, prognostici e
predittivi in diversi modelli tumorali» ma non ha comunque smesso di studiare il mesotelioma pleurico maligno. «Spero di
tradurre le mie ricerche in qualcosa di concreto, magari insieme a un team di donne che sono determinanti nell’Università, nella ricerca e nella scienza. Per adesso – conclude – ricevere questo riconoscimento è stato emozionante e devo dire grazie alla mia famiglia, che mi ha sostenuta e incoraggiata con pazienza, e alla mia squadra di lavoro». 

Danilo Daquino

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