Da Consulta delle Culture allarme sui lavoratori invisibili «Diritti negati, senza tutele con condizioni massacranti»

Fare emergere la condizione di sfruttamento dei lavoratori invisibili come badanti, colf, braccianti, ambulanti. Diritti negati a fasce deboli della popolazione, non solo ai migranti, che saranno al centro il 5 maggio prossimo di un convegno sul lavoro nero organizzato dalla Consulta delle Culture di Palermo a Sala delle Lapidi in collaborazione con diversi sindacati e associazioni di categoria. Le condizioni di lavoro, di sicurezza e di reddito, riferisce la Consulta, sono peggiorate drammaticamente, contribuendo a produrre nuovi soggetti esclusi da ogni genere di tutela, sia lavorativa che sociale. Orari di lavoro massacranti, mancato rispetto dei riposi giornalieri e festivi, contratti di lavoro con un monte ore inferiore rispetto a quello effettivamente richiesto e svolto. «Badanti e colf, ad esempio, sono impiegati 24 ore su 24, – spiega il presidente della Consulta delle Culture, Ibrahim Kobena Outtara – e hanno soltanto il giovedì pomeriggio e la domenica liberi. Sono pagati in media 600 euro al mese. Non hanno diritto a usufruire di un permesso di malattia altrimenti non vengono pagati».

Ma non finisce qui: «Tanti di loro sono obbligati a pagarsi i contributi – aggiunge –  per mantenere il permesso di soggiorno. In questi casi il datore di lavoro a malapena gli fa il contratto, sempre a patto che si paghino da soli i contributi.  Per non parlare dei braccianti, costretti a lavorare a 4 euro l’ora e a vivere nelle baracche che vediamo tutti». Ma, spiega ancora il presidente della Consulta, non è soltanto l’ambito dell’immigrazione a essere colpito da questo fenomeno: «Noi ci siamo trovati in questa realtà al Sud, ci troviamo nella fascia più debole che ne risente di più, ma ci sono tanti lavoratori in alcuni bar e ristoranti che ufficialmente hanno contratti a 20 ore e in realtà ne fanno 40. Noi vogliamo far venire a galla questa situazione, che riguarda tanti lavoratori, anche se colpisce in modo maggiore gli immigrati e i giovani. Un tema che va affrontato e discusso». 

E nonostante si sia assistito all’inasprimento delle sanzioni attraverso l’implementazione di nuovi strumenti giuridici, ripercorre il presidente della Consulta delle Culture, «ancora oggi i dati statistici ci dicono che ci sono alcune categorie svantaggiate che più di altre mostrano fragilità nel mercato del lavoro e, di conseguenza, sono maggiormente esposte al rischio di varcare la soglia del lavoro sommerso e irregolare. In particolare, il fenomeno del lavoro nero coinvolge molti stranieri residenti in Italia, immigrati che oggi, secondo quanto ci dicono proprio i dati Istat, rappresentano quasi l’8 per cento della popolazione residente in Italia». 

Secondo Kobena Outtara ad acuire maggiormente questo problema per quanto riguarda i migranti è stato «lo spirito del decreto sicurezza, che ha avuto un impatto negativo sulla nostra integrazione. La mentalità che sta dietro a questo decreto vede il migrante all’ultimo posto. Cosa che ha dato più forza ad alcuni datori di lavoro che sfruttano la situazione, proponendo dei salari bassissimi quando ti devono fare lavorare. Inoltre l’immigrato adesso non ha la forza di andare a denunciare, in quanto non avrà mai ragione di fronte a un cittadino di serie A, essendo di serie B. Accettano quindi queste condizioni e non dicono nulla. Alcuni non sono nemmeno pagati rispetto alle ore lavorate ma in modo forfettario». Un altro tema, poi, è quello del permesso di soggiorno di tipo umanitario.

«Oggi chi ne usufruisce ha bisogno di un contratto di lavoro per rinnovarlo. Quando una persona sa che non lo avrà rinnovato, spesso va a comprarsi un contratto falso. Pagano per averlo, anche mille euro, e poi si versano i contributi. Altri aprono una falsa partita Iva dichiarando di svolgere lavoro autonomo e per questo ci sono quattromila permessi di soggiorno bloccati alla questura di Palermo che vuole vederci chiaro». Per il presidente della Consulta c’è quindi un sotto testo nel decreto che non si vede, che non è scritto. «Anche per rinnovare  il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno ti chiedono il contratto di lavoro – conclude –  allora le persone che ne hanno bisogno per sopravvivere accettano tutte le condizioni. Come Consulta vogliamo lanciare l’allarme sull’argomento, per fare emergere la condizione di sfruttamento in cui versano questi lavoratori. Chiediamo più diritti e giustizia, chiediamo che le autorità, i sindacati, si facciano carico di questi problemi, per dare più opportunità a tutti». 

Stefania Brusca

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