Cuticchio, Garibaldi, pupi e pupari al Teatro Biondo

di Gabriele Bonafede

È stata una prima di successo quella di ieri sera al Teatro Biondo per lo spettacolo di Mimmo Cuticchio “A Palermo o all’inferno” su un tema che oggi è senz’altro da rivisitare: l’avventura di Garibaldi in Sicilia. Cuticchio, grazie anche alla nuova gestione del Biondo, porta lo spettacolo dei pupi siciliani in un teatro stabile con antica e piacevole arte e giocando, allo stesso tempo, col significato di “pupi” e “pupari”.

Foto di Angelo Macaluso, pubblicata sul sito FB del Teatro Biondo.

Il fatto, in se stesso, è un evento che non va sottovalutato: la consacrazione in un teatro stabile di un’arte popolare tipicamente siciliana e piena di significati nascosti, spesso comprensibili solo a noi siciliani.

Nata tre anni fa per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia, la ricerca di Cuticchio è coraggiosa e tenta di mettere in chiaro almeno un paio di aspetti del percorso d’unificazione italiana. Fin dall’inizio c’è, tra le righe, la verità nascosta dalla storiografia italiana: il puparo può essere considerato l’inglese e i pupi sono tutti gli altri. Ovvero: la storia è stata scritta da chi ha vinto, e solo oggi iniziamo a conoscere approfonditamente quella di chi ha perso.

Cuticchio prepara lo spettacolo. Foto di Angelo Macaluso.

Va da se che il più grande torto che si possa fare a italiani e siciliani assieme è quello di non considerare  l’avventura garibaldina in Sicilia come una profonda tragedia al pari di una grande illusione foriera di ulteriori, e spesso peggiori, tragedie.

Cuticchio riesce a far pensare su questo. Riesce a portare il pubblico a ragionare su come sia stata vissuta anche dai “perdenti” questa tragedia e questa grande illusione. Lo fa con ironia, persino con commedia e ilarità, utilizzando la più siciliana delle rappresentazioni, appunto l’opera dei pupi. La verità è nascosta, e ancor più è nascosta quando i protagonisti sono pupi: qualcuno li muove, c’è il puparo. Che è anch’egli in scena e dice la sua verità, quella che è stata tramandata nelle ultime quattro-cinque generazioni da 150 anni a questa parte senza tenere conto della tragedia sotterranea, sottostante, quella che è in fondo, dentro le stesse tavole del polveroso palcoscenico consegnato al mondo dalla  storia ufficiale.

Mimmo Cuticchio al Teatro Biondo. Foto di Angelo Macaluso pubblicata nel sito FB del Teatro Biondo.

La rappresentazione si ferma, inoltre, laddove la tragedia non è più raccontabile con commedia, ilarità e ironia, ma diventerebbe troppo spinosa per essere trattata senza dover necessariamente denunciare i crudeli misfatti dell’occupazione militare piemontese in Sicilia e nel Mezzogiorno. A quel punto Cuticchio si ferma. Preferisce avvalersi della facoltà di non rispondere: io non c‘ero, e se c’ero dormivo, e sognavo che non c’ero…

Dunque, chiude lo spettacolo quando siamo nell’estate del 1860, raccogliendo lunghi e meritati applausi. E siamo in quella fatidica estate: quando i garibaldini stanno per assalire Milazzo mentre reprimono e uccidono a Bronte. E cioè quando, di fatto, inizia lo stato d’assedio vissuto dalla Sicilia per lungo tempo, concludendo nel sangue l’illusione delle classi popolari, e attuando la successiva occupazione militare da parte di un esercito piemontese-italiano privo di conoscenza e pieno di crudeltà nei confronti di siciliani e meridionali.

Mimmo Cuticchio al Biondo con i pupi di Vittorio Emanuele II e Garibaldi. Foto Azzarello

Sarebbe bello, un giorno, vedere la seconda e le successive puntate dello spettacolo, anche se la commedia-tragedia si trasforma in dramma-tragedia a tutto tondo. E il puparo rimane lì, nonostante tutto.

“O a Palermo o all’inferno, ovvero lo sbarco di Garibaldi in Sicilia”, ideazione scenica, drammaturgia e regia Mimmo Cuticchio, oprante-contastorie Mimmo Cuticchio, manianti e combattenti Giacomo Cuticchio, Fulvio Verna, Tania Giordano, sarà in scena al Teatro Biondo  fino a Domenica 16 Febbraio.

Venerdì 14 Febbraio alle ore 18.00, Mimmo Cuticchio incontrerà il pubblico nella Sala Strehler del Teatro Biondo.

Gabriele Bonafede

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