Aldo, «il nostro italiano». Veniva chiamato così il misterioso uomo che avrebbe fatto da tramite tra l’Italia e la Croazia nella gestione della cosiddetta cupola dello streaming illegale. Un sistema con un giro d’affari illecito da tre miliardi di euro all’anno che avrebbe avuto la sua base operativa a Catania. La scorsa settimana è stato annunciato dalla procura etnea un blitz a livello europeo, in collaborazione con Europol ed Eurojust, con 11 persone finite in manette e 89 perquisizioni. Gli arresti, però, per il momento si sono concentrati tutti in Croazia e sul fronte italiano non è trapelato nulla sui nomi e i ruoli delle persone coinvolte. Secondo le informazioni raccolte da MeridioNews, ci sarebbe stato un notevole giro d’affari sull’asse Italia-Croazia. Nel Paese rappresentato dallo scudo a scacchi bianchi e rossi vi sarebbero state tre presunti capi: Damir Janes, originario di Zagabria, Zlatko Stolcic, residente a Fiume la cittadina resa celebre dall’occupazione di Gabriele d’Annunzio, e Darko Rebac, bosniaco residente ad Amburgo, in Germania.
Proprio la città portuale di Fiume sarebbe stato uno degli snodi principali emersi nell’indagine. In alcuni dialoghi intercettati si farebbe infatti riferimento a dei soldi, anche in criptovaluta bitcoin per decine di migliaia di euro, che il gruppo croato avrebbe dovuto saldare ad Aldo, l’uomo italiano – non è chiaro se catanese – specializzato nella gestione delle reti informatiche che sono alla base del funzionamento del sistema IPTV (Internet Protocol Television), ovvero una modalità di trasmissione dei programmi in streaming attraverso internet, senza l’antenna o il satellite. Il giro d’affari stimato in Croazia sarebbe stato di sei milioni di euro mentre in tutta Europa gli investigatori hanno spiegato che gli abbonati sarebbero stati 22 milioni. Normali cittadini attirati dalla possibilità di vedere tutti i canali Pay-per-view per pochi euro a fronte di normali abbonamenti che, come nel caso del calcio offerto dal provider Dazn, arrivano a costare oltre 30 euro al mese.
Dei tre uomini che sarebbero al vertice del gruppo croato, il solo Rebac sarebbe irreperibile. Nei suoi confronti, come sottolineato dal giornale croato Jutarnji, è scattato un mandato d’arresto europeo. Rebac è originario di Capljina, in Bosnia, ma sarebbe residente in Germania. Attraverso fonti aperte è possibile appurare come svolga la funzione di manager in una società che si occupa di programmazione informatica e creazione di portali internet con sede a Metkovic, in Bosnia. Poche informazioni sono invece reperibili sul conto di Zlatko Stolcic: classe 1979 sarebbe il proprietario di una società che si occupa di ascensori e riparazioni elettriche.
In attesa di capire l’evoluzione dell’inchiesta sul fronte dell’Europa balcanica sono state decisive le segnalazione di United Media, piattaforma che si occupa della distribuzione di 60 canali in 9 Stati. In Italia, invece, Sky e Dazn vorrebbero entrare in possesso dei nominativi degli abbonati del pezzotto per rivalersi su di loro. Ci vorrà del tempo, ma intanto il sistema della tv pirata sembra non avere accusato il colpo. Come dimostrato in un’inchiesta pubblicata da MeridioNews, già 12 ore dopo, attraverso Telegram – ma lo stesso scenario si ha con Whatsapp o Discord – era possibile recuperare contatti e informazioni utili per ottenere gli abbonamenti illegali. Diversi profili anonimi o che utilizzano nome e volto di personaggi famosi spiegano agli interessati tutte le modalità per ottenere l’abbonamento. Poche ore dopo la pubblicazione della nostra inchiesta, un utente dal nome Paolo Fox, come l’astrologo e personaggio della tv, ci ha contattati su Telegram per sottolineare l’inutilità del nostro lavoro sul sistema delle tv pirata: «Pensate seriamente che il pezzotto muore? Non morirà mai, è inutile che fai i reportage. Chiudono un server e ne aprono dieci. L’unico modo per stanare questa situazione è abbassare i prezzi, perché i ladri legalizzati sono loro…».
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