Una sentenza di assoluzione, più precisamente prescrizione, che non va giù all’ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro. Si tratta dell’accusa di diffamazione che il politico, condannato per mafia a sette anni e che ha scontato poco meno di cinque anni di carcere, ha rivolto nei confronti di Alberto Sanna, che nel 2007 aveva diffuso un video su internet intitolato “Costanzo Show: Totò Cuffaro aggredisce Falcone”. Il video, ancora oggi cliccatissimo, è visibile sia su Youtube che su Facebook e riprende l’allora politico della Democrazia Cristiana difendere il proprio partito, di fronte un silenzioso Falcone. Ora il politico di Raffadali annuncia di ricorrere in appello al tribunale di Palermo, facendo leva sul diritto all’oblio.
«Non lo faccio soltanto per me ma anche per tutti coloro che sono vittime di queste odiose pratiche della virale diffusione delle fake news e dell’hate speech» ha detto Cuffaro. A otto anni dalla querelle e dopo le richieste di archiviazione,il gip ha valutato che il video non era stato rimosso – nonostante le sollecitazioni – da Sanna. Mentre il giudice monocratico ha invece ritenuto che il reato fosse prescritto. «Basta aprire Youtube – lamenta l’ex presidente – per poter visionare il video, che è il corpo del reato, per constatare che continua ancora oggi a produrre i suoi effetti virali di diffamazione e di insopportabile istigazione all’odio nei miei confronti. Ciò è dimostrato dagli innumerevoli messaggi postati dai tanti che continuano a visionarlo e che recano offese e minacce di ogni tipo contro di me».
Il politico nega di aver avuto scontri con Falcone, «che ho sempre ammirato come uomo e magistrato». Per questo motivo l’uomo di Raffadali sottolinea che «l’avere attribuita la volontà di colpire un eroe siciliano, martire della giustizia, provoca a me e alla mia famiglia una sofferenza che è difficile esprimere. Le sentenze si rispettano anche se non si condividono ed io continuo a farlo e persevero nell’avere una ostinata fiducia nella giustizia che ritengo essere un diritto prima ancora che un dovere».
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