Covid19, il caso delle tute certificate solo in cinese «Se sei più alto di 172 cm, non ti entrano e le rompi»

Una lettera senza data, ma debitamente firmata, che ha il sapore di una sbarra di ferro dietro a una porta. Di quelle che non tengono fuori i ladri, ma ti fanno dire «io ci ho provato». È stata accolta così dagli operatori delle ambulanze siciliane la lettera inviata all’assessorato regionale alla Sanità da Davide Croce, il direttore regionale di Seus 118 – società a partecipazione di maggioranza regionale – che gestisce il trasporto d’emergenza sull’Isola. E pubblicata oggi sul Giornale di Sicilia. L’occasione, in teoria, era di quelle liete: cioè l’arrivo, il 6 aprile, di uno stock di duecento tute di biocontenimento, acquistate dalla Regione siciliana e destinate a chi per primo, come i soccorritori, entra in contatto con pazienti sospetti o positivi al Covid19. Ma c’è un problema: le scritte sulla confezione sono tutte in cinese e per gli operatori risulta impossibile capire se sono pensate per la tipologia di rischio biologico necessaria e, a livello pratico, persino quale sia la loro misura. Con il risultato che le tute in questione sono già finite: parecchie nella pattumiera, strappate, nel tentativo di indossarle. E adesso restano solo i camici che lasciano scoperta più pelle di quanto si dovrebbe.

«Seus non è in grado di definire il grado di protezione che i dispositivi offrono poiché le specifiche tecniche sono in lingua cinese e inoltre risulta assente la grafica internazionale della classificazione di categoria». Scrive così Croce all’osservatorio epidemiologico a Palermo, in una lettera che a
MeridioNews definisce «normale routine di quando ricevo del materiale, poiché le tute, all’apparenza e al tatto, non hanno niente che non vada bene». Eppure tra le righe resta il dubbio. Che nella testo viene così risolto: «Avendoli tuttavia ricevuti per il tramite di codesto spettabile assessorato, la Seus li ritiene idonei e pertanto li porrà immediatamente in uso». Ma, in sostanza, le tute sono conformi o no? «Secondo la Regione sì, e noi ci fidiamo», risponde Croce. Il direttore generale Seus, in sostanza, si limita a rilevare le difficoltà linguistiche sulla confezione. «Io sono il responsabile e si dovrebbero andare a vedere anche altre mie lettere, come quelle con cui abbiamo rimandato indietro le mascherine inconsistenti inviateci dalla Protezione civile». E rese famose, nella loro fragilità, dal presidente della Regione Nello Musumeci in tv.

A sentire gli operatori, però, anche le tute non sarebbero state – al passato, perché sono già finite – da meno. «Non si capiva nemmeno la misura e si strappavano subito», racconta a MeridioNews un soccorritore. «Sono tute piccole, all’altezza delle spalle arrivano a 172 cm», spiega un altro. Tagliando fuori così gli alti, i corpulenti e le persone di stazza media che magari ci entrerebbero pure ma dovrebbero indossarle con sotto la divisa 118 già ingombrante di per sé. «Io ne ho strappate due in tre minuti», aggiunge un altro. Ad arrivare erano stati anche dei camici, come quelli usati in sala operatoria, che indossati sopra la tuta dovrebbero aumentarne l’efficacia. Ma adesso sono rimasti solo quelli, che «arrivano al ginocchio e lasciano scoperta testa, collo, parte delle spalle e polsi». Non proprio un dispositivo da rischio biologico insomma.

E se Croce risponde ricordando che in Sicilia risultano contagiati solo sei su 3200 operatori, e per di più per cause esterne al lavoro; i soccorritori rilanciano: «Non è certo per merito dell’organizzazione». E nemmeno della fortuna, ma «del nostro personale ingegno». «Negli Stati Uniti hanno studiato un sistema per cui mettono prima la tuta e poi camice, guanti, visiera e calzari – spiega un operatore – Finito l’intervento, buttano tutte le ultime cose tra i rifiuti speciali e sanificano visiera e tuta, così da poterla riutilizzare». In assenza di strumenti appositi, molti stanno facendo da sé: «Abbiamo comprato online dei disinfettanti specifici e ci siamo aiutati con una guida online di un’università del centro Italia per capire come diluirli». Un nebulizzatore sottratto a un giardino di casa ha fatto il resto. Et voilà, ecco la sanificazione dal basso.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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