Questa volta niente Dpcm, ma un decreto approvato dal Consiglio dei ministri che sancisce le restrizioni e gli obblighi durante il periodo delle feste natalizie. Si comincia dal 23 dicembre, quando tutta Italia sarà unità in un’unica grande zona rossa. Rosso che diventerà arancione solo il 28, il 29 e il 30 dicembre, insieme al 4 gennaio del 2021. «Una decisione sofferta», così l’ha chiamata il premier, Giuseppe Conte, che ha spiegato come «la situazione rimane difficile, il virus si lascia piegare ma non sconfiggere» e contestualmente ha annunciato uno stanziamento di 645 milioni di euro per bar e ristoranti, che saranno costretti alla chiusura, perché «chi subisce dei danni economici deve essere subito ristorato».
Niente cenoni, dunque, ma si potranno incontrare i parenti con le dovute cautele, grazie a una deroga «pensata per consentire quel minimo di socialità che si addice a questo periodo» sempre per utilizzare le parole di Conte. Si potranno invitare a casa due commensali non conviventi, il numero massimo per spostarsi anche con i divieti nell’arco di tempo tra le 5 del mattino e le 22, portando con loro i relativi minori di 14 anni (disabili e conviventi non autosufficienti). Ma «potranno farlo una sola volta al giorno e verso una sola abitazione», purché ricada nella loro stressa regione.
Per il resto, durante il regime di zona rossa non si potrà uscire di casa se non per ragioni di salute, lavoro o necessità e urgenza. Le persone che si spostano non potranno visitare più di una abitazione durante lo stesso giorno. «C’è forte preoccupazione degli esperti che anche la nostra curva dei contagi possa subire un’impennata nel periodo natalizio» dice Conte giustificando la necessità del nuovo provvedimento, scaturito dopo duri confronti all’interno dei palazzi governativi.
«I morti resteranno una ferita aperta nella nostra comunità nazionale per tutti gli anni a venire, lo sono già adesso. Non siamo i soli: anche la Francia ha superato i 60mila decessi, il Regno Unito anche, ma non si tratta di stabilire classifiche. L’alto numero dei decessi dipende da tanti fattori: in Italia c’è una soglia anagrafica molto elevata, la seconda al mondo dopo il Giappone. Le statistiche ci dicono che gli anziani hanno tante comorbilità. Inoltre l’alto numero di decessi dipende anche dalle abitudini di vita degli anziani: li teniamo vicini a noi. Insomma dipende da una serie di fattori, con gli scienziati stiamo cercando di approfondire tutti questi dati ma la politica dismette il ruolo e affida la risposta alla scienza».
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