«Quanto sta accadendo all’ospedale Civico è inammissibile». Iniziava così una nota del sindacato degli infermieri del Nursind che denunciava la condizione del pronto soccorso di uno dei principali ospedali di Palermo, che sua detta sarebbe «Non è attrezzato per la degenza ordinaria» con «l’organico del personale Infermieristico e Oss è sottodimensionato e ridotto allo stremo e adesso si dovrà sobbarcare delle sostituzioni dei colleghi che, purtroppo, sono in isolamento perché positivi».
In realtà il Civico è solo l’ultimo ospedale a finire sotto la lente, specie dopo l’ultimo focolaio che ha coinvolto appunto medici e personale sanitario del pronto soccorso. I numeri e le cronache infatti riportano un quadro della sanità palermitana che agisce al massimo delle proprie possibilità, probabilmente anche oltre, con rischi per la salute anche e soprattutto di chi all’interno delle strutture ospedaliere ci lavora. «Oggi si può dire che siamo quasi alla normalità nell’emergenza – dice a MeridioNews il segretario provinciale del Nursind, Aurelio Guerriero – ma almeno fino a un ieri sera erano 38 o 39 i pazienti all’interno del pronto soccorso, di cui 14 in semintensiva. Il problema è che il pronto soccorso non è un reparto, non è adeguato a dare la giusta assistenza a questi pazienti, dovrebbe essere una zona di transito in attesa di un posto letto in reparto».
Tornando sul focolaio del pronto soccorso, secondo Guerriero si tratta di un pericoloso campanello d’allarme. «Non è stato l’unico focolaio – continua – ne abbiamo avuti in nefrologia, medicina e altri ancora. Chiediamo che venga utilizzata un’unica struttura, un ospedale con parecchi posti letto e destinarlo esclusivamente a pazienti Covid. Oggi nella provincia non si muore soltanto di coronavirus e le persone affette da altre patologie hanno un’assistenza ridotta. Bisogna evitare la promiscuità, il sostare troppo tempo in aree comuni dei soggetti positivi al Covid, alcuni dei quali necessitano di una ventilazione meccanica non invasiva, quindi con lo sprigionamento di aerosol nell’area. Con una media di quaranta pazienti, è chiaro che la carica virale è molto alta e i rischi aumentano».
Da un ospedale in cui il problema sono i tanti pazienti Covid positivi a un altro che è stato riaperto dopo otto anni proprio per ospitare i pazienti affetti da infezione da Coronavirus, con tanto di passerella del presidente della Regione Nello Musumeci per il rilancio di una struttura che di pazienti covid, al momento, non ne ha mai visti. «L’ex Imi è un’altra delle assurdità – dice Guerriero – Dalle notizie che erano apparse su tutti i giornali avevamo appreso che sarebbe stato gestito per pazienti Covid, al momento sono attivi solo oculistica e senologia, mentre i pazienti covid sono rimasti tutti al policlinico, dove ci sono stati anche diversi focolai. Questa storia dovrebbe raccontarcela meglio chi ha stanziato i soldi per fare dell’Imi un ospedale Covid».
E un’altra struttura che rischia forte, soprattutto con l’avvicinarsi della stagione invernale, è l’ospedale dei Bambini. «In questo caso la mia è una forte preoccupazione – continua il sindacalista – per natura quando si parla di bambini dovrebbe esserci molta sensibilità. Già andavamo in tilt con le semplici bronchioliti, appena arriveranno i malanni stagionali l’ospedale dei bambini salterà. E anche in questo caso la promiscuità è problema. Oggi i bambini che arrivano prima fanno il tampone e poi vanno nei vari reparti. Quando arriveranno tanti casi in più, contemporaneamente, anche per effetto delle malattie stagionali, è chiaro che sarà una situazione difficilissima da gestire, con la promiscuità che a quel punto renderà tutto più difficile».
«Siamo in guerra, è vero – conclude Guerriero – come infermieri ci dicono che siamo eroi, ma in quest’ultima ondata ancora non abbiamo neanche i calzari. I colleghi che lavorano anche in reparti Covid usano i faldoni assorbenti attorno alle scarpe. Se dobbiamo affrontare un nemico dobbiamo essere quanto meno preparati, mi si devono fornire i dispositivi di sicurezza. Stanno facendo tanti bandi, arriva del personale, formato, sì, ma con poca esperienza mandati al fronte con contratti precari, alcuni con partita Iva. Abbiamo avuto colleghi che si sono licenziati dopo due o tre giorni, preferiscono non rischiare per un lavoro che non gli offre nessuna tutela».
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