Covid-19 e migranti. Le giornate si allungano e il pensiero ritorna al mare, non solo per chi spera di trascorrere un’estate normale sulle spiagge ma anche per quanti vedono nel possibile aumento degli sbarchi una minaccia per la salute pubblica. Nel giro di pochi giorni, la politica nazionale e regionale si è espressa sull’opportunità di garantire alle navi che salvano i migranti in mare la possibilità di approdare in Italia. E, di conseguenza, per la maggior parte delle volte in Sicilia.
Dopo anni di scontro politico sul tema – tra partiti che a priori hanno invocato la chiusura dei porti, altri che hanno rilanciato l’invito a restare umani e chi ha cambiato posizione nel volgere di un cambio di governo – la questione adesso si è spostata sul piano sanitario: è sicuro accogliere migranti partiti da luoghi di cui si sa poco in termini di gestione dell’emergenza Covid-19? La risposta da Roma è arrivata martedì con un decreto interministeriale: «Per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale (fino a fine luglio, ndr) – si legge nel documento firmato dai ministri Paola De Micheli, Luigi Di Maio, Luciana Lamorgese e Roberto Speranza – i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di place of safety (luogo sicuro), in virtù di quanto previsto dalla convenzione di Amburgo, sulla ricerca e il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana».
La misura, motivata dal governo Conte con il rischio di non poter assicurare ai migranti «l’assenza di minaccia per la propria vita, il soddisfacimento delle necessità primarie e l’accesso a servizi fondamentali», riguarda in maniera particolare le attività delle Ong. Stamattina, però, il presidente della Regione Nello Musumeci ha rilanciato la posta: «C’è il fondato timore che nelle prossime settimane, favoriti dal bel tempo, possano registrarsi sulle coste siciliane consistenti sbarchi autonomi di migranti – ha dichiarato -. Chiedo perciò al governo nazionale di intervenire con tempestività». Un appello rilanciato nell’isola anche dalla Lega, il partito con cui il movimento di Musumeci da mesi immagina di potersi federare. «La ripresa degli sbarchi di immigrati clandestini sulle coste siciliane è una potenziale bomba epidemiologica che rischia di vanificare il lavoro di contenimento fin qui fatto nell’Isola», dichiara il responsabile degli enti locali in Sicilia per il Carroccio Fabio Cantarella.
Ad alzare la tensione è stato il caso di un migrante risultato positivo al nuovo coronavirus. «La dissennata gestione degli sbarchi operata dal Viminale vanifica tutti gli sforzi fin qui fatti dagli italiani. La notizia dell’immigrato sbarcato a Pozzallo risultato positivo al coronavirus è tremenda», ha rilanciato il segretario regionale Stefano Candiani.
Stando a quanto ricostruito da MeridioNews, la notizia è solo parzialmente vera. Il migranti, infatti, risulta sbarcato a Lampedusa e successivamente trasferito nell’hotspot di Pozzallo, tramite una nave approdata a Porto Empedocle e successivamente in autobus. Con lui altre 49 persone. I malesseri sono comparsi durante il viaggio verso Pozzallo. Ad attenderlo nella località ragusana, così come previsto dai protocolli, è stato il personale dell’Asp che ha effettuato il tampone poi risultato positivo. Al momento, l’uomo è monitorato dai medici mentre gli altri 49 stanno effettuando la quarantena all’interno dell’hotspot. Stessa misura presa per i 17 rimasti invece nell’hotspot di Lampedusa. A essere posto in quarantena è stato anche l’autista del bus partito da Porto Empedocle.
A marzo, quando ancora il governo nazionale non si era pronunciato sulla chiusura dei porti, il tema degli sbarchi era già finito al centro dell’attenzione di Musumeci che si era opposto alla possibilità di consentire di trascorrere la quarantena all’interno degli hotspot. Il presidente della Regione, in quei giorni, aveva proposto di lasciare sulla nave per 14 giorni sia i migranti che il personale delle Ong.
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