«È consentita la comunicazione dei dati personali nei casi in cui ciò risulti indispensabile ai fini dello svolgimento delle attività connesse alla gestione dell’emergenza sanitaria». La nuova disposizione è contenuta in una nota inviata nei giorni scorsi dalla Protezione civile nazionale alle Aziende sanitarie locali. Il testo, a firma del presidente del dipartimento Angelo Borrelli, affronta un problema con cui, in queste prime settimane di contenimento della diffusione del nuovo coronavirus, si sono scontrate amministrazioni comunali e autorità locali, comprese le forze dell’ordine: riuscire a sorvegliare in maniera costante le persone che si trovano in quarantena obbligatoria perché positive al tampone che diagnostica il Covid-19 o perché conviventi con soggetti per cui è stato necessario il ricovero.
In ballo ci sono i dati sensibili dei pazienti ma anche la necessità di attuare le migliori pratiche per raggiungere l’obiettivo che il governo nazionale si sta ponendo dall’inizio dell’epidemia: ridurre i contatti interpersonali, rallentando la propagazione dei contagi e, di conseguenza, il peso sul sistema sanitario nazionale. Con particolare attenzione ai reparti di Terapia intensiva che, in tutto il Paese, sono circa cinquemila. «Già da domani contiamo di mandare informazioni ufficiali ai soggetti coinvolti nella gestione dell’emergenza – commenta a MeridioNews una fonte interna all’Asp – Dobbiamo capire la modalità di trasmissione di questi dati, affinché finiscano soltanto alle figure interessate, perché resta comunque l’obiettivo di tutelare la privacy dei pazienti».
Finora i sindaci hanno dovuto barcamenarsi tra comunicazioni informali, troppo poco per creare la sinergia necessaria a un controllo efficace del territorio. In tal senso, ci sono stati anche casi che hanno dato il la a polemiche – tra conferme e smentite a mezzo social – nei paesi in cui i casi di contagio non sono stati ufficializzati. Questo da qualche giorno accade ad Aci Catena, dove il sindaco Nello Oliveri ha ribadito più di una volta che, per il momento, non risultano contagi tra i residenti. In realtà un uomo, risultato positivo e al momento ricoverato, secondo quanto verificato dal nostro giornale tramite fonti sanitarie, pur essendo registrato all’anagrafe di Acireale ultimamente viveva da alcuni parenti ad Aci Catena.
Sempre in tema di difficoltà a rendere omogenei i dati in possesso delle amministrazioni, c’è quanto comunicato oggi dal sindaco di Acireale Stefano Alì ai concittadini. «Dai dati in mio possesso ci sono cinque acesi con esito positivo al coronavirus – ha scritto Alì su Facebook -. Ai tre che risultano al servizio Igiene dell’Asp se ne devono aggiungere altri due che lo hanno comunicato alla polizia urbana». Questi ultimi fanno parte del gruppo di circa cento acesi che è rientrato dal Nord, rendendo noto il proprio ritorno così come richiesto dalla Regione Siciliana e iniziando la quarantena domiciliare. In una delle ultime ordinanze firmate dal presidente Nello Musumeci è stata prescritta la quarantena anche per i familiari conviventi di chi rientra, nel caso in cui all’interno dell’abitazione non ci fossero le condizioni adeguate a garantire l’isolamento.
«Il dirigente del servizio Igiene giustificava questa differenza con il fatto che i dati relativi ai risultati dei tamponi arrivano al suo ufficio con mezza giornata di ritardo – ha aggiunto Alì -. Evidenzio il fatto che i due nuovi casi, essendo in isolamento fiduciario, hanno contratto il virus prima di arrivare ad Acireale. Dunque – ha concluso il sindaco – o erano già stati contagiati alla partenza o lo sono stati durante il viaggio. Questo aspetto è positivo perché i loro casi non nascono da un effetto contagio che si è sviluppato localmente».
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