Cosa ne sarà del teatro Garibaldi dopo Manifesta? Il bar va a Moltivolti. E il Comune pensa a un bando

«Chiudere ufficialmente Manifesta avendo perfettamente riqualificato il teatro Garibaldi, consegnandolo alla città di Palermo pronto all’uso, potrebbe essere il nostro risultato più importante». Roberto Albergoni sa calibrare le parole, ma questa volta sceglie di farsi prendere un po’ dall’entusiasmo. Sarà che la fondazione Manifesta ’12, di cui è direttore, ha stabilito i propri uffici proprio all’interno della storica struttura di piazza Magione. Sarà che il quartiere Kalsa lungo tutto il 2018 ha visto migliaia di persone che l’hanno attraversato, tra artisti e creativi provenienti da ogni parte del mondo e giunti a Palermo proprio per la biennale nomade d’arte contemporanea che qui ha stabilito il proprio cuore nevralgico. 

Il timore di tanti, dopo l’overdose culturale dell’anno passato che ha visto per il capoluogo siciliano anche il titolo di capitale italiana della cultura, era che il 2019 potesse essere una sorta di anno zero. Dopo tanto, il nulla. Paure confermate dai cancelli spesso chiusi del Garibaldi, che resta parzialmente carente sotto il profilo strutturale. Inizialmente il teatro sarebbe dovuto rimanere nella disponibilità della fondazione Manifesta fino al 31 dicembre 2018. Poi il Comune, a gennaio di quest’anno, ha esteso l’affidamento sino al 31 dicembre 2019. Tanto che a marzo la fondazione ha realizzato un regolamento per l’utilizzo del teatro da parte di terzi. 

«Noi non abbiamo più un’attività nostra di produzione culturale – spiega Albergoni -, per questo abbiamo convocato un incontro nei mesi scorsi, all’interno del teatro, che ha visto partecipare una 70ina di persone tra associazioni, singoli e l’università. Come direttore della fondazione mi sono sempre posto il problema di tenere aperta una struttura così importante. Abbiamo riaffidato il bar, che era rimasto stato chiuso, e sarà gestito da Moltivolti. Abbiamo poi presentato un progetto alla Regione per poter realizzare dei lavori all’interno, in modo da poter dotare il teatro di quel minimo di servizi essenziali come l’impianto luci, audio e di proiezione. Per restituire alla città uno stabile perfettamente funzionante. Sarà poi il Comune a decidere cosa farne».

Ecco, ma quali sono le intenzioni della giunta Orlando? A novembre del 2018 gli uffici dell’assessorato alla Cultura hanno lanciato un avviso che prevedeva una co-progettazione di iniziative culturali per rilanciare il teatro. Lo scopo era quello di concorrere, entro l’11 dicembre, al bando europeo Creative Europe che prevedeva un cofinanziamento pubblico-privato fino a due milioni di euro. Ma le quattro proposte giunte, in appena otto giorni, non avevano convinto il Comune – a essere scartate erano state la Vm Agency di Vincenzo Montanelli (società vincitrice della gara dell’ultimo festino di santa Rosalia), l’associazione Compagnia di Franco Scaldati, la fondazione istituto di Alta Cultura Orestiadi onlus e l’associazione Futurantica Srl. Così il Comune è tornato ad affidarsi a Manifesta.

A sei mesi di distanza da quell’opportunità persa, che aveva provocato qualche mugugno, qualcosa è cambiato. A partire dalla scelta del nuovo assessore di riferimento: non più Andrea Cusumano, ovvero il principale tessitore dell’operazione Manifesta a Palermo, ma Adham Darawsha. Il quale, oltre ad avere un nuova designazione (Culture e non più Cultura), fornisce un’indicazione precisa per il futuro del Garibaldi. «L’intento del Comune è quello di far restare il Garibaldi un teatro – afferma – Non sappiamo ancora se riprenderemo l’ipotesi del bando, è un’ipotesi che stiamo comunque valutando. Quel che è certo è che, dopo l’addio ufficiale di Manifesta, vogliamo che il teatro torni a essere tale, non diventerà altro e immediatamente sarà aperto al pubblico, sin da gennaio 2020».

Andrea Turco

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