Cosa c’è dietro gli incendi attorno alla riserva di Capo Gallo La Regione rassicura: «Solo una bonifica non effettuata»

Tre incendi nel giro di una settimana: Capo Gallo in questi giorni ha vissuto ripetuti attimi di apprensione, tra fiamme che hanno lambito le abitazioni e canadair in volo. L’ultimo, in ordine di tempo, ieri pomeriggio. Nella zona della riserva palermitana, appena sopra Mondello, si sono susseguiti vigili del fuoco, forestali e persone preoccupate dai roghi, in un via vai praticamente ininterrotto. E se i tre incendi sono stati spenti in poche ore, resta il fatto che episodi del genere, a distanza così ravvicinata, qualche dubbio su eventuali intimidazioni, o comunque di azioni premeditate, lo hanno fatto sorgere. Un possibile segnale che Mario Candore, dirigente generale al Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale, esclude categoricamente. 

«Abbiamo già individuato la causa del primo incendio – dice Candore -, che è nato da una persona che nella sua campagna stava dando fuoco a delle sterpaglie. Gli altri due sono stati la ripresa di quell’incendio, perché la bonifica non è stata effettuata appieno. Questo non è avvenuto perché la zona è molto impervia, e abbiamo avuto difficoltà a raggiungerla. Si tenga comunque conto che in tutti e tre gli episodi parliamo comunque di terreni privati e non demaniali. Il nostro responsabile di cantiere è stato presente, ma giusto per tenerci informati». La bonifica di cui parla Candore, dunque, non doveva essere effettuata dall’ente gestore della riserva ma dal corpo forestale. Che in questi giorni ha vissuto fasi concitate per via della sospensione di centinaia di lavoratori a seguito del mancato rinnovo delle visite mediche. Anche in questo caso, però, il dirigente regionale esclude collegamenti tra le due vicende. 

Quel che è certo è che l’apprensione attorno la riserva naturale di Capo Gallo, istituita nel 2001 dall’assessorato Territorio e Ambiente, è legata a una serie di fatti storici incontrovertibili. Quei 585 ettari a lungo sono stati terra di nessuno, tanto che persino a febbraio di quest’anno – durante l’operazione antimafia Cupola 2.0 – si è appurato che Calogero Lo Piccolo, boss di San Lorenzo, organizzava i suoi incontri riservati fra le imbarcazioni di Barcarello. Proprio nella zona di accesso alla riserva. E che quegli ettari facciano gola a tanti lo dimostra anche la vicenda di Gaetano Guarino, funzionario del corpo forestale e il più tenace difensore di quelle terre dal degrado e dall’abusivismo. 

Nel 2004 aveva fatto intitolare, all’interno di Capo Gallo, una stele ai caduti di Nassiriya (primo caso in tutta Italia). Mentre l’anno prima, intanto, era stato nominato direttore dei lavori alla riserva per rendere fruibile ai cittadini e ai turisti il patrimonio naturalistico, storico e culturale del luogo. Guarino cominciò a perimetrare l’area, distinguendo le zone A (dove vige la tutela massima) e le zone B (la cosiddetta preriserva). Ma in contemporanea a questa azione il funzionario regionale subì una serie di attentati: più volte gli fu danneggiata l’auto e ricevette anche minacce davanti casa. La riserva, poi, subì almeno una decina di incendi nel giro di un paio di mesi. E lo stesso Guarino più volte nel corso degli anni ha denunciato i tentativi di speculazione edilizia sulla zona.

Andrea Turco

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