«Povera Italia, c’è sempre fame e quando non ce n’è trovano il modo per farla spuntare», è il commento, in siciliano stretto, di un anziano passante di fronte al corteo organizzato per oggi dai sindacati di categoria etnei aderenti a Cgil, Cisl, Uil per scongiurare la vendita alla Cassa depositi e prestiti del pacchetto azionario di proprietà dello Stato italiano della società St Microelectronics.
E’ una sfilata di bandiere con simboli sindacali che svettano tra le vie di Catania, di lavoratori arrabbiati alcuni dei quali con mogli e passeggini al seguito, di entusiasmi contrastanti armonizzati dai megafoni degli organizzatori, di bambini seduti su lenzuoli bianchi dove è scritta la speranza dei dipendenti delle aziende di punta della celebre Etna Valley. Duemila manifestanti secondo la Cgil, meno di un migliaio secondo le forze dell’ordine, sono partiti questa mattina alle 9.30 da piazza Roma per concentrarsi poi in piazza Università. Giacomo Rota, segretario confederale della Cgil di Catania precisa: «Non siamo scesi in piazza aspettandoci di trovare le autorità. Abbiamo già avuto un incontro con il sindaco Enzo Bianco e speriamo di ottenere l’attenzione del governatore della regione Sicilia Rosario Crocetta quanto prima. Siamo qui per farci ascoltare dalla gente e per sensibilizzare i cittadini che non sanno nulla di questa storia».
Giuseppe Rizza, rappresentante della Fim Cisl di Catania descrive meglio i termini dell’impegno che si è assunto il primo cittadino del Comune di Catania: «Il nostro sindaco è dalla nostra parte», e continua: «Aprirà un tavolo continuo di trattative al quale parteciperanno sindacati e lavoratori, si occuperà di far conoscere l’eccellenza degli stabilimenti St e Microelectronics invitando autorità locali e nazionali come il presidente Rosario Crocetta, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato e il presidente Giorgio Napolitano».
«Non ci sono colori politici in questa piazza ma solo una forte volontà di difendere il diritto del lavoro, di contrastare la svendita della Stm e di combattere quella che sarebbe una terribile ingiustizia sociale per oltre 300 lavoratori catanesi», chiarisce un operaio semplice dello stabilimento di Pantano d’Arci. Un collega sulla trentina alza la voce: «Bisogna tornare ad investire sullo stabilimento di Catania. Adesso produciamo per certi aspetti prodotti che non sono all’avanguardia come quelli francesi o svizzeri e che si potrebbero definire anche obsoleti, nonostante abbiamo personale altamente specializzato».
Dello stesso avviso è Angelo Villari, segretario generale della Cgil catanese: «Sebbene il sito sia in perfetta forma e abbia livelli di produzione altissima e competitiva, c’è stata un’assenza di adeguate strategie sia dell’azienda stessa sia del governo italiano negli ultimi dieci anni». «Ci vuole un cambio di rotta che non può assolutamente essere la privatizzazione – conclude – Sarebbe una iattura e una cosa vergognosa che precluderebbe lo sviluppo economico dell’intera regione siciliana e non solo della città di Catania».
La St Microelectronics è una delle aziende leader nel settore di produzione di componenti elettronici industriali e gli impianti manifatturieri, nonché i laboratori di ricerca e sviluppo di Catania, sono il nucleo principale della società italo-francese che si occupa, tra le altre cose, anche del transponder del Telepass e dei sensori di movimento accelerato di iPad e iPhone.
Giuseppe Caramanna, vicesegretario Uil della provincia etnea spiega la situazione:«La settimana scorsa il governo Letta ha annunciato la possibile privatizzazione del pacchetto azionario Stm che detiene il governo italiano e questo metterebbe la filiale catanese in forte svantaggio rispetto al distaccamento francese». Sul mancato intervento del presidente dell’Ars taglia corto: «Crocetta deve capire che ha una forte responsabilità del territorio e che il tempo delle promesse è finito».
Presente alla manifestazione odierna anche il movimento politico Catania bene comune. Matteo Iannitti racconta della proposta di cui si è fatto portavoce per salvaguardare le aziende dell’Etna Valley: «Senza una presenza statale nel pacchetto azionario Stm si rischia che i finanziamenti vadano agli altri stabilimenti e per questo proponiamo al governo Letta di rinunciare a sette cacciabombardieri F35, ognuno dei quali costa circa un milione di euro, e di reperire così i 700 milioni di euro che il governo vorrebbe intascare dalla vendita della Stm».
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