Una passeggiata rumorosa. Che di rumore ne ha fatto parecchio. Un corteo che ieri ha attraversato il centro storico di Catania «per inondare le strade con la nostra rabbia, per canalizzarla e unirci contro la violenza patriarcale». Così avevano annunciato gli attivisti e le attiviste di Non una di meno e Spine nel fianco, le realtà che hanno organizzato la manifestazione «per Giulia (Cecchettin, la 22enne uccisa dall’ex in Veneto, ndr) e per tutte coloro che non hanno più voce». E ce l’hanno messa loro quella voce ieri anche quando si sono ritrovate di fronte «tutto quello contro cui combattiamo». Sotto forma di un uomo che, infastidito dal dovere attendere in auto qualche minuto per il passaggio del corteo, ha iniziato ad aggredire verbalmente le ragazze e le donne che erano in testa.
«Io ho fretta: devo tornare a casa dai miei figli», avrebbe detto l’uomo spazientito da un’attesa che non sarà durata in tutto più di otto minuti. Un tempo piuttosto ragionevole in una delle città più trafficate d’Italia. Sceso dalla macchina, a bordo della quale c’erano anche la moglie e una figlia piccola, l’uomo ha iniziato a inveire contro le manifestanti. Da minacce come «Se non vi levate vi ammazzo» a insulti sessisti e macisti del tipo «Dovete ritrovare la vostra femminilità» o «Voi state zitte e portatemi i maschi e fatemi parlare con loro». Provocazioni che, come ha raccontato a MeridioNews Ludovica Intelisano di Non una di meno, non hanno fatto indietreggiare di un passo le attiviste che, quando il corteo era oramai passato ma l’uomo si ostinava a rimanere fuori dall’auto continuando con minacce e insulti, lo hanno invitato ad andare via in modo più deciso anche alzando la voce.
Quella stessa voce che, per tutto il tempo del corteo – che da villa Bellini si è snodato fino alla piazza del Castello Ursino con oltre mille partecipanti – hanno usato per declamare gli slogan. «Siamo scese per le strade incazzate per affermare che non abbiamo bisogno di eroi ma di alleati. Sono messaggi importanti da fare passare – aggiunge Intelisano – in un momento storico in cui la guerra noi donne la stiamo vivendo sulle nostre vite». Un passeggiata in cui il classico minuto di silenzio ha lasciato spazio alle parole, alle urla, ai rumori. «Perché vogliamo che sia chiaro a tutti e tutte che nessuna donna dovrebbe essere lasciata sola ad affrontare la paura, perché è necessario ora più che mai rompere l’isolamento in cui le vittime vengono spesso confinate».
Ed è proprio per questo che, quando il corteo è arrivato davanti alla sede della questura etnea (in via Manzoni), gli attivisti e le attiviste hanno bruciato un foglio. Quello su cui avevano stampato il post pubblicato sulle pagine social ufficiali della polizia con una strofa della poesia dell’attivista peruviana Cristina Torres Cáceres che sono state prese in prestito dalla sorella di Giulia Cecchettin: “Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto“. «Un gesto simbolico per denunciare che, ancora troppo spesso, anche quando le donne vittime di violenza chiedono aiuto o denunciano vengono lasciate sole e non credute».
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