Francesco Nicosia è un fotoreporter e Ivana Sciacca una giornalista. Entrambi lavorano per la testata I Siciliani giovani – diretta da Riccardo Orioles – e ieri pomeriggio sono stati identificati da due agenti della Digos in piazza Trento, mentre distribuivano alcuni volantini durante la manifestazione cittadina antimafia in ricordo del giudice Giovanni Falcone, assassinato da Cosa nostra il 23 maggio 1992. «I poliziotti si sono avvicinati a me e alla mia collega, ci hanno chiesto le generalità e i documenti perché la nostra attività di volantinaggio non era autorizzata», spiega Nicosia. Che sottolinea: «Poco prima avevamo discusso con un caposcout – gruppo presente alla marcia insieme agli attivisti etnei di Libera – che si era opposto al documento perché, a suo dire, non era adeguato ai bambini». Nonostante i due si fossero rivolti per lo più ai partecipanti tra i 16 anni e i 18.
Nel volantino «riportiamo una parte dell’editoriale de I Siciliani giovani dello scorso 16 maggio in cui si dice che la mafia a Catania bisogna combatterla facendo i nomi: Falcone, Mario Ciancio ed Enzo Bianco», continua il fotoreporter. Nello specifico l’intervento scritto parlava della cancellazione del concorso esterno in associazione mafiosa. Un reato che, secondo la sentenza della giudice Gaetana Bernabò Distefano, non esiste. E la cui interpretazione ha portato al non luogo a procedere nel processo a carico dell’ex direttore ed editore de La Sicilia.
Il riferimento del volantino distribuito da Nicosia e Sciacca è anche all’
intercettazione tra l’attuale primo cittadino etneo e l’imprenditore Ciancio, per cui Bianco è stato sentito anche in commissione nazionale Antimafia. «Falcone, cancellato Catania con una sentenza che nessuno in Italia aveva osato azzardare. Ciancio, salvato da questa sentenza dopo quarant’anni di frequentazione mafiosa e Bianco, alleato di Ciancio (come tutti i sindaci precedenti) e in Commissione antimafia reticente per difenderlo», si legge nel foglio distribuito ai partecipanti alla manifestazione. «Anni di sacrifici e impegno stanno dietro a tante associazioni. Eppure – continua la nota – nessuna di esse oggi, nel giorno di Falcone, sente la responsabilità civile di fare i nomi. Non per complicità o per paura ma semplicemente perché, in questa nostra città, non c’è la cultura civile in questo senso». Le associazioni a cui si fa riferimento vengono citate, poco prima, una dopo l’altra: Iqbal Masih, Gammazita, orchestra infantile Falcone-Borsellino e «molte altre».
L’identificazione da parte delle forze dell’ordine è «l’ennesima manifestazione di ipocrisia», attacca Sciacca. «Il nostro foglio era innocuo così come le domande che rivolgevamo ai ragazzi presenti al corteo sul tema del concorso esterno in associazione mafiosa e su Ciancio», dichiara la giornalista. «Abbiamo anche accennato alle presunte infiltrazioni mafiose al Consiglio comunale di Catania e – spiega – molti ragazzi erano disinformati ma altri no. Fa rabbia che le autorità ci hanno vissuto come un elemento di disturbo e non come un’opportunità di informazione». La manifestazione di ieri, per il modo in cui si è conclusa, per Nicosia è «l’apoteosi dell’ipocrisia in un contesto in cui si stava affrontando l’argomento dell’antimafia». «Posso capire che per molti il corteo annuale del 23 maggio è una sorta di festa ma – conclude il fotoreporter – non bisogna fermarsi alla superficie delle cose».
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