Danneggiamento aggravato in concorso. È l’accusa nei confronti di cinque studenti, militanti dell’ex collettivo Aleph, che lo scorso 7 ottobre – durante una manifestazione contro la Buona scuola e l’alternanza scuola-lavoro – avrebbero «coordinato e diretto» un lancio di palloncini pieni di vernice, uova e fumogeni, contro tre camioncini del reparto mobile della questura di Catania fermi di fronte alla sede di Confindustria di viale Vittorio Veneto. Secondo una nota inviata alla stampa, i mezzi delle forze dell’ordine avrebbero riportato «danni per oltre 15mila euro». A finire negli incartamenti della Digos sono L. I. (19 anni), F. C. (26 anni), E. G. (24 anni), S. B. (24 anni) e A. R. (24 anni). Tutti, secondo la questura, avrebbero organizzato un gruppo di ragazzi minorenni – nove dei quali, incensurati, sono stati segnalati all’autorità giudiziaria – che avrebbero materialmente lanciato gli oggetti contro i mezzi di polizia.
I fatti contestati agli studenti riguardano la manifestazione dell’inizio di ottobre, quando sono scesi in piazza centinaia di studenti, affiancati da semplici cittadini e attivisti No Muos. Un corteo partito da piazza Roma e seguito da vicino dall’imponente dispiegamento di forze della questura. La manifestazione avrebbe dovuto concludersi di fronte alla sede di Confindustria di viale Vittorio Veneto, individuata come una delle associazioni che principalmente avrebbero sposato con convinzione l’alternanza scuola-lavoro. «Un progetto di sfruttamento che vede licei e istituti tecnici propinarci un lavoro gratuito sotto forma di stage di oltre 200 ore da accumulare per riuscire a passare l’anno scolastico», dicevano quel giorno gli attivisti.
Proprio di fronte a Confindustria, il giorno prima della manifestazione era apparsa la scritta, fatta con una bomboletta spray, «Sulla scuola non si specula». Il 7 ottobre, però, la manifestazione era stata fermata prima della sede dell’associazione degli industriali etnei, nonostante nella richiesta formulata dagli organizzatori – e autorizzata – fosse indicato quello come punto finale della protesta. Secondo quanto riportato dagli attivisti, solo la sera del 6 ottobre sarebbe stato notificato loro che, invece, il corteo avrebbe dovuto fermarsi alcune traverse prima dell’indirizzo richiesto. «La mobilitazione del 7 ottobre ha visto scendere in piazza tanta gente – dicono i militanti indagati – Queste indagini sembrano un modo per limitare il dissenso».
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