Corte dei Conti 1/: da cancellare subito 750 milioni di euro di residui attivi

POCHISSIME LUCI E MOLTE OMBRE NELLA RELAZIONE ANNUALE DELLA MAGISTRATURA CONTABILE. BILANCIO 2013 ‘PARIFICATO’, MA RESTANO IRRISOLTI TANTI PROBLEMI. DAI FINTI CREDITI DA ELIMINARE DAL BILANCIO (3 MILIARDI E 200 MILIONI DI EURO TRA QUEST’ANNO E IL PROSSIMO ANNO) ALLA TRABALLANTE GESTIONE DI RISCOSSIONE SICILIA SPA

Il nodo dei residui attivi. Una sanità pubblica nella quale diminuiscono le spese per il personale (con riflessi negativi sul fronte dell’assistenza alla popolazione), mentre rimane “massiccio il ricorso alle procedure di affidamento diretto” per gli acquisti. Tradotto: la sanità siciliana rimane il grande affare dei politici.
Poi il personale, con un eccesso di dirigenti. E la furbizia (o quasi) del Governo regionale di Rosario Crocetta, che cerca di imporre ai dirigenti dell’Ars il ‘tetto’ annuo di 160 mila euro – magari con le ‘sceneggiate’ sui giornali dove trova spazio – e continua a pagare i dirigenti ‘esterni’ all’Amministrazione regionale 250 mila euro all’anno!

C’è di tutto e di più nella relazione della Corte dei Conti: come – per citare un esempio eclatante – una Regione che ‘scommette’ sui ‘derivati’ perdendo ogni anno una barca di soldi (ma è normale che una Regione con problemi gravissimi di Bilancio utilizzi i soldi dei contribuenti cimentandosi con i ‘derivati’?).
Per non parlare dell’assenza di controlli sulla spesa. O la grande contraddizione dei fondi europei la cui certificazione di spesa in Sicilia, pur non raggiungendo livelli eccelsi, è in netta contraddizione con un Prodotto interno lordo (Pil) in picchiata (tema che dovrebbe essere oggetto di riflessione da parte degli economisti di mestiere: ma già senza essere economisti non si può che arrivare a una conclusione: o è sbagliato il calcolo del Pil siciliani degli ultimi sette anni, o è errata la certificazione della spesa in Sicilia: le due cose entrambe vere non possono essere).
Quindi il grande tema di Riscossione Sicilia, società che non fa dormire sonni tranquilli.

Ultimo – ma non ultimo per importanza – il disastro economico e finanziario degli enti locali siciliani. Su questo fronte la relazione della Corte dei Conti è manchevole. Perché non si può liquidare tutto – come fanno nella relazione i giudici contabili – con la formula della crisi provocata dalla “riduzione dei trasferimenti dello Stato e della Regione”. La Corte, forse, avrebbe dovuto approfondire il perché di questa riduzione dei trasferimenti, soprattutto da parte dello Stato.

Noi abbiamo scelto di informare i nostri lettori con più articoli che pubblicheremo nel corso della giornata. Ora iniziamo con le questioni generali. Precisando che il Bilancio regionale 2013 è stato ‘parificato’. Ma questo non esclude la presenza di gravi problemi finanziari non risolti.

“I dati diffusi dall’ISTAT e le stime effettuate dal Centro di ricerche Prometeia – leggiamo nella relazione – evidenziano un’ulteriore flessione sull’andamento del Prodotto interno lordo del 2,5 per cento. In termini reali, negli ultimi sei anni, gli effetti della crisi hanno generato una perdita di oltre il 14 per cento di Pil, sensibilmente superiore a quella rilevata a livello nazionale (-8%)”.
Su questo punto torneremo quando parleremo dell’impiego dei fondi europei in Sicilia. Ma già – e qui lo ribadiamo – segnaliamo una contraddizione tra la spesa di questo fondi certificata e la caduta verticale del Pil siciliano.

“Peraltro – prosegue la relazione della Corte dei Conti – il consuntivo per l’anno 2013 evidenzia una situazione di deterioramento delle varie componenti della spesa e, in particolare, registra la diminuzione dell’importo degli impegni in conto capitale da 2.878 milioni del 2012 a 1.783 milioni nell’esercizio 2013 (-38,1%) e un contestuale aumento della spesa per rimborso prestiti (+17,1%)”.
In pratica, la Regione ha ridotto drasticamente gli investimenti (per esempio in infrastrutture, che ormai si realizzano – quando si realizzano – sono con i fondi europei) e si è ulteriormente indebitata.

“Le partecipazioni azionarie – si legge sempre nella relazione – registrano, nell’esercizio 2013, variazioni in aumento pari a 1,5 punti percentuali, in quanto l’Amministrazione regionale ha deliberato di procedere al risanamento delle perdite di Riscossione Sicilia S.p.a., con contestuale ricostituzione in aumento del capitale sociale, e ha acquisito le quote azionarie della Società degli Interporti siciliani S.p.a. e della Airgest S.p.a.”.
Questo non è detto che debba essere un fatto negativo, perché le partecipazioni di alcune società per azioni strategiche, nel lungo periodo, possono migliorare lo stato patrimoniale della Regione.

A questo punto, però, la Corte fa una precisazione: “Va ancora evidenziato che, per l’iscrizione dei valori delle partecipazioni azionarie, il criterio contabile seguito dall’Amministrazione regionale è ancorato al capitale sociale nominale. Al riguardo, la Corte rileva che tale modalità di contabilizzazione delle partecipazioni non ne consente la rappresentazione patrimoniale reale che, al contrario, emergerebbe utilizzando il metodo del patrimonio netto, risultante dall’ultimo bilancio approvato della società partecipata, peraltro espressamente previsto dal decreto interministeriale del 18 aprile 2002. Tale criterio, infatti, rende possibile l’imputazione patrimoniale della variazione di valore della partecipazione azionaria secondo l’andamento positivo o negativo, come sovente rilevabile, dei risultati conseguiti annualmente dalla società”.

Poi una precisazione su Riscossione Sicilia: “A seguito dell’azzeramento del capitale sociale di “Riscossione Sicilia S.p.a.” per la copertura delle perdite, la Regione ha provveduto alla ricapitalizzazione per 10.400 milioni, corrispondenti ad una partecipazione del 99,88, mentre ad Equitalia S.p.a residua una partecipazione pari a 0,12 per cento. Nel 2014, infine, ha disposto a favore di “Riscossione Sicilia s.p.a.” l’erogazione a titolo di acconto, di complessivi 40 milioni di euro, in attesa dell’emanazione dei decreti ministeriali attuativi della riforma sulla remunerazione dei concessionari della riscossione”.

“Da quanto sopra esposto – sottolineano i giudici contabili – emerge il quadro di estrema difficoltà finanziaria in cui versa l’Agente della riscossione in Sicilia, la cui gestione risulta costantemente monitorata dal Dipartimento finanze e credito dell’Assessorato regionale dell’Economia, che, nel corso del 2013, ha presidiato in modo puntuale tutte le criticità gestionali che compromettono la possibilità di conseguire l’equilibrio di bilancio”.

I residui attivi. Al 1° gennaio 2013 ammontavano a 15.002 milioni di euro (15 miliardi di euro). “Alla chiusura dell’esercizio finanziario – sottolineano i giudici della Corte dei Conti – ammontano a 15.219 milioni, con un incremento di 217 milioni ( 1,45 %)”.

Insomma, i residui attivi, nel 2013, sono cresciuti. Si tratta dei crediti di difficile, se non impossibile, esigibilità.

“Da quanto sopra esposto – si legge nella relazione – emerge urgente la necessità di appostare idonee risorse destinate a compensare la cancellazione di residui attivi per i quali, come espressamente previsto al comma 529 della legge citata, risulta inapplicabile la complessa procedura di discarico per inesigibilità prevista dagli artt. 19 e 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999 e che, pertanto, sono destinati ad essere cancellati – anche cumulativamente – nel corso del corrente anno o in quello successivo, con un impatto in termini finanziari che si aggira intorno ai 3.300 milioni di euro”.

Insomma, la Regione deve cancellare 3 miliardi e 300 milioni di euro di residui attivi. E lo deve fare appostando, contestualmente, in Bilancio una somma in grado di compensare tale cancellazione.
Per quest’anno, ad esempio, dovrebbero essere cancellati 750 milioni di euro. Con contestuale appostamento di un congruo fondo rischi che non dovrebbe essere inferiore a 200 milioni di euro.

1/Continua

Redazione

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