«È una situazione allucinante: alle famiglie che vivono qui arrivano le utenze di luce e acqua, hanno perfino la residenza, e poi gli si viene a dire che se ne devono andare». Carlo Mancuso fa parte del comitato Prendocasa che da questa mattina ha presidiato, insieme a decine di attivisti, per evitare lo sgombero di due famiglie che da anni occupano una palazzina in corso Pisani. Lo stabile è stato confiscato dal tribunale di Palermo, dopo il fallimento di un costruttore palermitano che lo possedeva. Cinque anni fa è stato occupato da cinque famiglie. Alle nove del mattino sono arrivati l’ufficiale giudiziario e il medico legale per notificare lo sgombero, ma dopo una trattativa con gli attivisti si è ottenuto il rinvio dello sgombero di un mese, anche se si attende ancora la conferma della data.
«Attualmente vi risiedono due famiglie – spiega ancora Mancuso -. Al momento la situazione è questa: proprio oggi uno dei due nuclei familiari ha firmato un accordo col Comune che prevede lo stanziamento del contributo alloggiativo (per sei mesi l’amministrazione si fa carico dell’affitto mentre si avviano percorsi di inserimento lavorativo … ndr); l’altra famiglia sta cominciando proprio adesso l’iter di accompagnamento del Comune, ma sappiamo che ci saranno tempi burocratici lunghi». Mentre rimangono le proposte e le critiche del comitato Prendocasa, che da anni lotta per risolvere la questione abitativa in città.
«Il Comune – continua l’attivista – ha disposto un piano d’intervento che prevede l’uso dei contributi alloggiativi, del Pon Metro e del social housing. Nonostante ciò, l’emergenza abitativa permane invariata, così come lo è da decenni. Il Comitato Prendocasa rivendica da anni la promulgazione di una norma comunale che regolamenti e regolarizzi l’autorecupero degli immobili comunali abbandonati e l’uso dei beni confiscati a scopo abitativo. In questi anni abbiamo chiesto a gran voce che le istituzioni creassero un tavolo di emergenza per dibattere e risolvere la questione dell’emergenza abitativa, senza risultati».
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