Le visite dell’architetto Mario Cucinella a Catania si sono molto intensificate negli ultimi due anni. Da quando i privati proprietari delle aree di corso Martiri della Libertà gli hanno affidato il compito di pensare un progetto di riqualificazione. Successivamente l’allievo di Renzo Piano, che fa dell’attenzione all’ambiente e della lettura sociologica del territorio su cui interviene i punti di forza della sua attività, è stato coinvolto proprio dal suo maestro e senatore a vita nel progetto di rammendo della zona del San Teodoro a Librino. Ieri Cucinella è tornato nella citttà etnea, prima per un sopralluogo in periferia, poi a palazzo degli Elefanti, lì dove due anni fa, a fianco dell’ex sindaco Raffaele Stancanelli presentava il master plan con una nuova visione di San Berillo.
Architetto, su quel progetto la nuova amministrazione ha mostrato inizialmente perplessità. Due anni fa, l’attuale assessore alla Cultura Orazio Licandro, lo bollò addirittura come «insulsa propaganda e una genuflessione ai poteri forti». Cos’è cambiato?
Con la nuova giunta era necessario fare un incontro conoscitivo per capire se il progetto era di gradimento del Comune. Ieri il sindaco Bianco ci ha assicurato che la riqualificazione di corso Martiri resta una priorità per questa città. È stata riconosciuta la qualità del nostro progetto; tutti, politica e imprenditori, capiscono che è un’operazione da fare insieme.
Un progetto da 240mila metri cubi di nuove costruzioni per un investimento stimato in 200 milioni di euro. Ma mancano ancora gli investitori. È questo l’ostacolo principale?
Non è un problema di liquidità. L’ostacolo maggiore è quello di cui si discute oggi in tutto il Paese: la capacità dei privati di fare investimenti a fronte di un impegno della politica di condividere questo percorso e di garantire certezze. In Italia ci sono troppe storie di investimenti non andati a buon fine, perché la burcorazia ne ha bloccato lo sviluppo.
Anche corso dei Martiri è in parte figlio di queste dinamiche. C’è il rischio che vada a finire così anche stavolta?
Non è più tollerabile che una città come Catania si porti dietro questo problema da più di 50 anni. L’amministrazione ha dato un segnale forte e deciso: c’è coscienza che è il momento di risanare questa ferita. E si potrà fare solo con un dialogo tra pubblico e privato. All’estero funziona così, perché si riesce a trovare un equilibrio tra i due soggetti.
Ma Catania non brilla per successi in fatto di partnership pubblico-privato.
Troppo spesso in Italia i privati pretendono solamente di centrare i propri scopi, mentre il pubblico si inceppa in un meccanismo burocratico molto complesso. Ma alla luce della crisi economica e dell’enorme richiesta di lavoro, è il momento di non svendere il progetto, di non accettare compromessi inutili.
Quali sono adesso le prossime tappe?
Il sindaco ha espresso il desiderio di far conoscere meglio il progetto alla cittadinanza e di instaurare un rapporto più partecipativo. Questa fase passerà anche da un incontro con il consiglio comunale. Raccoglieremo le idee e i suggerimenti legittimi che nasceranno dal dialogo. E si ripartirà da questa base: c’è uno strumento urbanistico, ci sono volontà precise e un evidente interesse che l’operazione parta. Non dobbiamo pensarla solo in termini speculativi.
È possibile prevedere quando inizieranno i lavori?
Difficile dirlo adesso, ma entro l’anno chiuderemo la fase di confronto. Bianco ha grandi capacità di dialogo, abbiamo di fronte una prospettiva molto positiva.
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