Coronavirus, tre morti e 19 positivi in più rispetto a ieri Petizione per rientro in Sicilia. Musumeci: «Non si entra»

Diciannove positivi e tre morti in più di ieri, tre ricoverati in meno. Questo il bilancio delle ultime 24 ore del contagio da Covid-19 in Sicilia, fotografato dal bollettino della Regione.

Dall’inizio dei controlli, i tamponi effettuati sono stati 84.352 (+1.492 rispetto a ieri), su 77.590 persone: di queste sono risultate positive 3.213 (+19). Tolti i guariti, 787 (una in più di ieri) e i morti, 240 (tre in più), le persone attualmente positive sono 2.186 (+15 nelle ultime 24 ore). I positivi sono così divisi per province: Agrigento, 69 (0 ricoverati, 65 guariti e 1 deceduto); Caltanissetta, 124 (16, 24, 11); Catania, 678 (89, 226, 86); Enna, 290 (121, 93, 29); Messina, 377 (79, 122, 50); Palermo, 387 (66, 92, 28); Ragusa, 57 (7, 29, 6); Siracusa, 112 (44, 94, 24); Trapani, 92 (4, 42, 5).

Degli attuali 2.186 positivi, 426 pazienti (-3) sono ricoverati – di cui 30 in terapia intensiva (0) – mentre 1.760 (+18) sono in isolamento domiciliare. 

Intanto si è generata confusione sulla possibilità dei siciliani rimasti al Nord di rientrare. L’ultimo Dpcm del governo nazionale lo permette. Ma di fatto poi, i ministeri dei Trasporti e della Salute hanno prorogato fino al 17 maggio tutte le limitazioni ai trasporti per l’isola: solo quattro aerei da Roma, un treno e nessun autobus. Un modo per disincentivare e ostacolare qualcosa che sulla carta è invece diventato legittimo. 

Per questo sul web è stata lanciata anche una petizione: «Tornare a casa è un diritto per tutti». A pubblicarla sulla piattaforma Change.org è stato un giovane di Grammichele, Antonio Altamore. «Il decreto nazionale è chiaro – si legge – tuttavia non è garantita la possibilità di spostarsi all’interno del territorio nazionale». Antonio da due mesi è a Torino, ospitato da un amico, perché quando è scattato il lockdown lui era occasionalmente nel capoluogo piemontese, ma coscienziosamente ha deciso di restare lì. 

«Siamo stati abbandonati dalle istituzioni – si legge nella petizione – Non ci è data la possibilità di tornare in sicurezza, se non affittando una macchina, con costi che non tutti possono sostenere. Inoltre, aspettando ancora, si rimanda il problema, che si ripresenterà non appena verrà decisa la riapertura della Regione. Ci sono migliaia di siciliani che non possono più aspettare. Abbiamo aspettato finora, attenendoci alle regole. Temiamo che il 18 maggio possa ripresentarsi la stessa problematica di queste ore, con una nuova proroga delle limitazioni, o che vengano cancellati – come già successo – i voli prenotabili per date successive al 17 maggio. Tornare a casa, in sicurezza, è un nostro diritto».

Ma stamattina il presidente Musumeci ha ribadito il no. «Da lunedì prossimo non faccio entrare nessuno in Sicilia, come ho fatto in queste 5 settimane – ha detto, ospite di a Omnibus La7 – Non possiamo pensare di aprire la Sicilia, perché temiamo che ci possa essere un afflusso di altre regioni assolutamente non sottoposto a una verifica sanitaria necessaria che diventa il presupposto per evitare il ritorno del contagio». E parlando dei numerosi siciliani che vivono al Nord, ha aggiunto: «Non li farò entrare, chi vuole venire sa che deve rimandare in agenda di qualche settimana. Non può entrare, anche se serve – precisa, sapendo di affermare un principio al momento in contrasto con l’ultimo Dpcm del governo nazionale – concordarlo con il Ministero dei trasporti perché non dipende solo da noi».

Poi un passaggio sulla fase 2: «Noi governatori conosciamo meglio di altri le esigenze del territorio, che non sono uguali a quelle della Lombardia o della Liguria. Abbiamo firmato con i presidenti del centrodestra un documento molto garbato al governo. Proposte, non critiche, che doveva essere ed è rimasto uno strumento di ausilio al governo centrale. In questo momento non sono ammesse polemiche, servono atteggiamenti in rapporto di collaborazione. Le 18 ordinanze che ho firmato finora sono state coerenti con le linee generali che ha dato il governo».

Salvo Catalano

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