Urla verso l’esterno, lenzuoli incendiati alle finestre, forze dell’ordine che presidiano l’esterno della casa circondariale. Mentre all’interno va in scena un tentativo di rivolta: qualche cancello blindato staccato dal muro, facendo leva con le brande, e gli agenti della polizia penitenziaria costretti da soli a fare fronte alle proteste dei detenuti. La scintilla dei tumulti carcerari è arrivata stanotte anche a piazza Lanza, a Catania.
«Non siamo animali, abbiamo bisogno di cure», grida un detenuto, ripreso dalle immagini amatoriali diffuse dal comitato Reddito-casa-lavoro. Già nei giorni scorsi erano state madri, compagne, sorelle e figlie dei carcerati a protestare di fronte ai cancelli del penitenziario. Chiedevano «dignità» e «amnistia», spiegando di avere accettato lo stop alle visite in carcere ma senza smettere di pretendere tutela per i propri parenti. «Il rischio di contagio nelle carceri in questo momento è altissimo per via del sovraffollamento e condizioni igienico-sanitarie precarie – affermano gli attivisti del comitato – Il governo non può continuare a minimizzare, le conseguenze potrebbero essere irreversibili».
Stanotte dall’interno del carcere il grido di chi è detenuto. Piazza Lanza si aggiunge così, sebbene senza fatti eclatanti, al lungo elenco di case circondariali in tutt’Italia in cui i detenuti si sono mobilitati. In Sicilia, il primo è stato il carcere Pagliarelli, seguito subito dall’Ucciardone entrambi a Palermo. In quest’ultima struttura è stato bloccato un tentativo di evasione. Poi è toccato al carcere di Cavadonna, a Siracusa, in cui una sessantina di pregiudicati ha sfondato le porte delle celle con le brande.
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