Coronavirus, storie di chi non ha preso il treno per il Sud Cantautore: «Il mio modo di dire alla Sicilia che la amo»

«Tua madre si è preoccupata, così di notte dalla zona rossa sei scappata. Invece io sono rimasto qui per il colore, lo so ricorda una rivoluzione. Che poi magari mi fanno presidente oppure, per colpa tua, non è servito a niente. Però, io sto bene così: il cuore è aperto ma la porta è chiusa». Suona così la prima strofa di Quarantena giorno 1. La canzone scritta dal cantautore 28enne catanese Samuel Pietrasanta che, dopo avere girato l’Italia come artista di strada, adesso vive a Milano. E lì ha deciso di restare mentre molti altri suoi conterranei coetanei e non solo si sono affollati sull’ultimo treno che partiva in direzione sud

«Ho scelto di non tornare: è il mio modo di dimostrare alla mia terra che la amo – racconta a MeridioNews – e per tutelare tutti i miei affetti più cari che vivono in Sicilia». Per comporre testo e musica ci sono volute poche ore. «È stato un flusso arrivato mentre cambiava la vita di tutti. Ho pensato che era importante fare passare il messaggio che la cosa più importante, in momenti di emergenza come questo a cui non siamo abituati, è dare priorità alla comunità e non al singolo». 

In migliaia sono tornati in fretta e furia. Altri hanno scelto di rimanere nei luoghi che li hanno adottati. Tra questi ci sono anche Mattia, Martina, Cristina e Paolo. Ognuno di loro ha storie di vita differenti, tutti sono accomunati però da un senso di responsabilità che li ha portati a decidere di restare nei territori in cui hanno scelto di vivere. «Senso civico e buon senso», sono le due parole d’ordine di Mattia Gozzo. Ventisette anni, nato e cresciuto a Canicattini Bagni (in provincia di Siracusa) vive a Milano da sei anni dove fa il fotografo

«L’industria della moda si è fermata e sarei potuto scendere in Sicilia tranquillamente perché gli studi per cui lavoro sono chiusi, ma non mi è mai passato per la mente. Che senso avrebbe avuto scappare rischiando di portare a casa mia un’eventuale minaccia? Da fuorisede – aggiunge – sai che sei lontano da casa e metti in conto di dovere affrontare da solo anche situazioni di emergenza. In questo caso, poi, c’era poco su cui riflettere: si tratta di un divieto, di un obbligo. Uno dei problemi più grossi – afferma – poi sono le persone che hanno giustificato il comportamento di chi è scappato». 

Martina nel capoluogo lombardo ci vive da due anni. Partita anche lei dal Siracusano, adesso si prepara per affrontare il concorso per diventare una magistrata. Lei ha deciso di rimanere a Milano, nonostante avesse già un biglietto aereo, prenotato diversi mesi prima, proprio per l’8 marzo. «Anche sapendo che ci avrei rimesso i soldi del volo, ho deciso di non tornare a casa. Non vedo i miei parenti da Natale, ma ho pensato a mio nonno che ha già molti problemi di salute e non mi sarei mai perdonata se fosse stato peggio per una mia leggerezza». Tanto è bastato a farla desistere. Adesso, però, pensando a tutti quelli che hanno preso la decisione opposta alla sua, «sono preoccupata che la loro scelta egoista possa ricadere anche sui miei familiari».

«Quelli che, in preda al panico e alle emozioni, hanno preso un treno di notte per rientrare in Sicilia penso siano dei completi incoscienti». Non usa mezzi termini il 27enne Paolo Pirelli. Originario di Palazzolo Acreide (in provincia di Siracusa) da molti anni vive in Veneto. Partito per gli studi universitari, dopo la laurea, due anni fa, si è spostato a Conegliano in provincia di Trevisto dove adesso lavora in una cantina. «Sono rimasto perché ho scelto semplicemente di seguire le indicazioni date dal governo per evitare la diffusione del contagio da coronavirus». 

Cristina Alibrio, palazzolese anche lei, da diversi anni abita a Bergamo dove sta per concludere gli studi in International business e finanza. «In questo periodo sto scrivendo la tesi – racconta a MeridioNews – quindi avrei potuto continuare anche da casa. Invece, ho deciso di restare perché era giusto così. Qui la Sanità funziona bene eppure c’è il rischio che gli ospedali arrivino al collasso. La mia preoccupazione è stata quella di non rischiare di gravare sul sistema sanitario siciliano».

Marta Silvestre

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