«Lo Zen è stata la mia battaglia persa contro la comunità locale così com’era». Il coronavirus miete un’altra vittima illustre. Si tratta dell’architetto Vittorio Gregotti, noto in tutto il mondo per le sue opere e per la sua attività accademica, che lo ha portato anche a insegnare all’università di Palermo nel 1978. E proprio a Palermo ha legato il suo nome per la sua opera più controversa, il grande complesso di edilizia popolare progettato per il quartiere San Filippo Neri, lo Zen. Gregotti, originario del Novarese, aveva 92 anni ed era ricoverato a Milano, nella clinica San Giuseppe per le conseguenze di una polmonite da coronavirus. Resta ricoverata la moglie dell’architetto, anche lei risultata positiva al tampone per il Covid.
Un progetto, quello dello Zen, che Gregotti ha sempre difeso, fino alla fine. «Era un buon progetto che non è stato realizzato come avrebbe dovuto» diceva in un’intervista appena due anni fa Il progetto, nelle intenzioni del professore, si rifà al concetto di città murata, organizzata in blocchi in un sistema che voleva portare dei modelli abitativi e l’erogazione dei servizi urbani all’interno del paesaggio della campagna palermitana. Un’occasione mancata anche per le lacune nella realizzazione, buona parte del quartiere nasce senza nemmeno allacci fognari e per l’assenza pressoché totale di manutenzione della struttura negli anni.
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