C’è chi, nei giorni precedenti al Dpcm dell’11 marzo che ha imposto la chiusura alla maggioranza degli esercizi commerciali, ha disinfettato tutto, persino i menù dei clienti o le sedie del proprio ristorante a ogni servizio.
Ma adesso che le saracinesche sono già abbassate da qualche giorno, i dubbi e le domande sono tantissime. Come pagare i dipendenti? E i fornitori? E gli affitti? E ancora, in che modo tutelare i lavoratori stagionali, dal comparto turistico a quello agricolo, passando per l’edilizia?
Mentre le strade sono deserte e l’Italia è ferma, in tanti, tra gli esercenti, si chiedono come sarà il nostro mondo, quando usciremo dalla bolla della quarantena. È così per Doriana Ribaudo imprenditrice palermitana, che ripercorre i giorni precedenti l’11 marzo. «Noi abbiamo scelto di chiudere nel momento in cui è stato annunciato che i ristoranti sarebbero rimasti aperti fino alle 18 – racconta – qualche giorno prima dell’ultimo decreto. Già da metà gennaio usavamo le dovute precauzioni, perché in città c’erano ancora molti turisti, sanificavamo tutto, le maniglie, i menù, le sedie, il pos, oltre naturalmente a tovagliati e stoviglie. Ad ogni servizio. Obiettivamente non si poteva rimanere aperti, chi prenotava erano i pochissimi turisti rimasti e qualche palermitano che già dalla prenotazione chiedeva se venissero rispettate le norme a livello igienico e di distanza. Noi lo facevamo, ma naturalmente quell’ansia, quel timore, non ti facevano lavorare serenamente. La chiusura a quel punto ci è sembrata doverosa».
«Il problema serio adesso – prosegue lo sfogo – è sulle modalità che saranno previste per la cassa integrazione: se dovessimo anticipare noi i soldi che poi verranno rimborsati, non avremmo come fare. C’è oggettivamente un problema di liquidità. La stessa cosa avviene con i fornitori, ma a dispetto delle apparenze e della narrazione che viene fatta del mondo imprenditoriale, stiamo riscontrando una grandissima solidarietà, la maggioranza dei fornitori ci dicono di non preoccuparci per le fatture, le salderemo in un altro momento. Lo stesso, purtroppo, non si può dire degli affittuari e quello degli affitti diventa un altro tema gigante».
Questione, quella della cassa integrazione, che fa il paio con un’altra grande incognita: i precari. «Aspettiamo di capire cosa si muove sul fronte dei lavoratori stagionali che non avevano neanche iniziato a lavorare – ammette Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil – Sono misure indispensabili, che varranno per il turismo, ma anche per l’agricoltura e l’edilizia. Martedì prossimo ci sarà un vertice con le sigle sindacali e l’assessore regionale al Lavoro per chiudere l’accordo quadro sugli ammortizzatori in deroga, che sono appannaggio esclusivo delle Regioni».
Sono ore di attesa anche per fare chiarezza sul fronte degli ammortizzatori per le piccole imprese, sotto i cinque dipendenti, come spiega il coordinatore regionale del Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) Confcommercio, Dario Pistorio. «Quella è la fascia di imprenditori meno tutelata, per cui in una situazione limite come questa, o scegli di tenere a carico il dipendente a spese tue, o lo licenzi, ma ha comunque un costo. Puoi farlo di diritto, ma devi versare 1500 euro all’Inps più la liquidazione. Insomma, in una situazione di crisi di liquidità non puoi pagarli e non puoi licenziarli». L’associazione di categoria ha anche messo a disposizione un numero di telefono (334 743 4949) da contattare per avere ulteriori informazioni e il supporto necessario.
Un ultimo appello, infine, arriva dall’imprenditrice Doriana Ribaudo: «È assurdo – dice – che in questa situazione io imprenditore cerchi di restare ottimista e debba invece subire il pessimismo dei politici e dei sindacalisti, che comunque hanno un’indennità garantita. Allora vadano in tv e parlino laddove sono in grado di instillare ottimismo nella gente. Arriverà il tempo in cui dovremo fare i conti con gli sbagli commessi. Ma non è questo il momento»
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