Corleone, Luigi Di Maio pronto a ritirare simbolo a eletti «Vicenda surreale, vicini solo a famiglie vittime mafia»

«Tornerò presto a Corleone e andrò a incontrare la stragrande maggioranza dei cittadini onesti ma ieri andare lì sarebbe stato un segnale deflagrante per tutto il Paese. Se lunedì dovesse esserci un solo eletto del Movimento nel Consiglio comunale di Corleone ritirerò subito il simbolo». Dopo la polemica che ieri ha travolto il M5s sulla vicenda del candidato sindaco nel Comune di Corleone, Maurizio Pascucci, che ha postato una foto su Facebook con il nipote, seppur incensurato, di Provenzano, il Movimento corre ai ripari ed è pronto a misure drastiche. Se già è quasi pronta l’espulsione per il candidato grillino Pascucci, dopo la decisione presa all’ultimo momento del leader Luigi Di Maio di non partecipare al dibattito in piazza, ora toccherà anche agli altri candidati. In caso di elezione di uno solo dei consiglieri candidati tra le fila grilline, infatti, il Movimento ritirerà subito il simbolo per eliminare alla radice qualunque legame con il ‘consenso mafioso’.

«Non posso rischiare che anche un solo candidato riceva anche un solo voto dalle organizzazioni criminali: nel dubbio non daremo il simbolo», ha continuato il vicepremier e, in attesa che sul caso Pascucci si esprimano i probiviri, rimane ancora da vagliare la posizione del deputato del M5s Giuseppe Chiazzese che, secondo il candidato sindaco grillino, avrebbe condiviso la scelta di pubblicare la foto, scattata con il nipote di Provenzano, assieme al meetup: «Con lui voglio chiarire qual è il suo pensiero e voglio verificare questa cosa per ora riportata solo da Pascucci. Dal mio punto di vista questa storia però è surreale: le uniche famiglie a cui bisogna stare vicino sono quelle dei testimoni di giustizia, delle vittime della mafia, le famiglie di coloro che hanno subito gli effetti della stagione stragista. Degli altri sincerante interessa il giusto».

Di Maio, che ha rivelato di non aver sentito Pascucci, ha ribadito che da ministro della Repubblica, primo ancora che capo politico del M5s, si tratta di una scelta inevitabile: «Lo Stato non tratta con la mafia, non parla con la mafia e neanche deve dare minimamente segnali di vicinanza a quel mondo. Quella foto, che con me non è mai stata concordata, anche se fatta in buona fede comunica a quel mondo lì qualcosa di malsano. Non è che poi quel mondo si mette in testa di votare il Movimento perché si aspetta qualcosa da noi? Io ho dovuto subito tagliare il cordone ombelicale che si stava creando: deve esser chiaro che non metterò mai minimamente in dubbio il fatto che lo Stato italiano e questo Governo sono contro la mafia».

Intanto, sulla vicenda della foto postata da Pascucci interviene anche la Camera del Lavoro di Corleone, che esprime «preoccupazione non solo per il post pubblicato dal candidato sindaco Pascucci, che riteniamo con forza inopportuno, ma perché questa vicenda, a tratti grottesca, è stata la sola a far parlare di mafia i candidati sindaco. Premesso che la lotta alla mafia non si fa emarginando i parenti dei mafiosi, ma condividendo con chiunque i valori di giustizia e legalità, la scelta di Pascucci appare preoccupante perché questo tema doveva essere affrontato sia da lui che dai suoi avversari in modo del tutto diverso e con modalità più serie». Un pensiero condiviso anche dallo stesso vice premier Di Maio. «La città di Corleone ritorna al voto dopo due anni di commissariamento per mafia. Solo questo avrebbe dovuto spingere chi si è candidato alla guida della città a prendere delle posizioni nette e inequivocabili contro il sistema mafioso ancora presente nella nostra realtà. Purtroppo, si è parlato più di pacchetti di voti che di programmi o di ripudio della mafia», continua la nota, riecheggiando quanto era stato detto nei giorni scorsi anche dal presidente della Commissione parlamentare antimafia siciliana Claudio Fava.

Ma la Camera del Lavoro ne ha per tutti, e non le manda a dire neppure al vice premier: «Alla luce di quanto detto, riteniamo gravissima la scelta di Di Maio di non essere presente a Corleone, ricordandogli che prima di essere capo politico di un partito è uno dei massimi rappresentanti dello Stato – scrivono -. Parlando di mafia, il vice presidente del consiglio, avrebbe dovuto dismettere i panni dell’uomo di partito; e da uomo delle istituzioni assicurare vicinanza ai cittadini corleonesi, stanchi di essere etichettati come mafiosi e garantire vigilanza, possibilmente incontrando tutti i candidati. L’antimafia non va fatta solo nelle stanze del governo, ma soprattutto nei territori che questa situazione la vivono. La nostra non può solo essere terra di consensi». Le dichiarazione del vice premier vengono percepite come offensive nei confronti della «gente che quotidianamente lotta per scrollarsi di dosso etichette, figlie di una storia triste come quella che riguarda Corleone. Dispiace dover constatare che ancora una volta questo paese, in barba ai proclami elettorali che urlano al cambiamento, risulti essere anche vittima di abbandono di Stato».

Antonio Mercurio

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