«In media ci contattano 500 persone l’anno – racconta Maria Grazia Patronaggio, presidente dell’associazione Le Onde onlus – Nel corso della nostra esperienza abbiamo capito come già nel corso del primo intervento telefonico può essere fatta una buona valutazione del rischio per poi fare scegliere alla donna se continuare un percorso con le operatrici di accoglienza usufruendo gratuitamente di altri servizi forniti nei nostri Centri anti violenza fra cui l’assistenza delle psicoterapeute e delle avvocate dell‘UDI Palermo». Parole pronunciate nella sala della Galleria d’Arte Moderna dove è stato ospitato il convegno.
Nel sottolineare l’importanza di fare sistema la Rete Antiviolenza di Palermo da oggi si arricchirà di altri due progetti realizzati per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne. «Il primo progetto – racconta Maria Rosa Lotti, coordinatrice della Rete Antiviolenza di Palermo – vede la collaborazione dell’associazione Le Onde onlus con il Buon Pastore onlus e riguarda tutto il sistema sociosanitario, prevede un servizio di assistenza telefonica che funziona dalle ore 9 alle 19 tutti i giorni tranne la domenica, ci sono due case rifugio una che accoglie in emergenza ed una in grado di ospitare per periodi più lunghi e sono Villa Anna e Casa del Buon Pastore. L’altro progetto è stato finanziato dal Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio e riguarda la costruzione dell’autonomia per le donne e include diversi aspetti: la parte che riguarda l’inserimento lavorativo con la dovuta attenzione anche verso i minori».
«Due interventi che si integrano perfettamente», ha ribadito Agnese Ciulla, assessore comunale alla Cittadinanza Sociale . Ed i recenti fatti di cronaca lo confermano, la prima chiamata di intervento è quella effettuata alle Forze dell’Ordine, che nel corso degli anni, si sono formate per affrontare simili emergenze. «Ci sono molte richieste di intervento – sottolinea Mauro Carozzo, comandante del reparto operativo carabinieri Palermo – ricordiamo che l’Arma è presente anche nei piccoli centri rimane sempre il primo citofono a cui suonare per chiedere aiuto. Sul territorio ci sono delle colleghe che hanno frequentato dei corsi specifici e che vengono coinvolte per garantire alle vittime un primo appoggio di carattere psicologico.Inoltre dal 2009 in accordo con il Dipartimento delle Pari Opportunità ha costituito a livello centrale una sede contro gli atti persecutori. Qui ogni operatore è stato formato per accogliere le esigenze della donna, si tratta di personale specializzato raggiungibile ventiquattr’ore su ventiquattro e fornisce a tutti noi che operiamo sul campo un valido aiuto per capire come orientare la vittima in un sistema integrato tra associazioni e istituzioni».
Per contrastare un fenomeno di portata così ampia non si può fare a meno di chiedersi se realmente gli strumenti legislativi, come ad esempio il reato di stalking, introdotto nel 2012, siano sufficienti a evitare che possa accadere l’irreparabile ovvero che si verifichino omicidi. «Gli strumenti ci sono e si usano ma ci sono diversi problemi. Spesso da parte delle vittime di violenza – sottolinea Pasqua Seminara – presidente della Seconda Sezione del Tribunale di Palermo, c’è una certa ritrosia a portare avanti delle cause penali nei confronti di persone con le quali si è avuto un legame affettivo. Poi c’è il problema procedurale perché in sede penale l’accertamento di questa tipologia di reati trova la sua verifica nel dibattimento con l’acquisizione della prova dichiarativa in relazione ai diversi fatti e ciò significa tante udienze e tanto tempo che si perde. Inoltre i termini previsti per la sussistenza di una misura cautelare non sono lunghi e spesso i giudici devono fare acrobazie per definire almeno il primo grado di giudizio senza far scadere la misura. Evidentemente c’è qualche punto di corto circuito del sistema c’è e ci dobbiamo fare delle domande per capire cosa accade».
Non solo l’ ambito penalistico assurge un posto di rilievo nel porre fine a atti persecutori o violenti. Infatti molto spesso le prime avvisaglie e i primi campanelli di allarme di atteggiamenti scorretti possono arrivare anche durante il periodo matrimoniale generando la cosiddetta violenza all’interno delle mura domestiche. Ecco che anche un buon funzionamento della macchina giudiziaria civile, in tema di separazione, riveste un ruolo fondamentale. «In campo civile – continua il presidente Seminara – si è fatto passi in avanti. I tempi di prima comparizione in udienza per una separazione adesso sono molto più brevi. E dev’essere così, perché il periodo intermedio tra la separazione di fatto e l’adozione del primo provvedimento presidenziale è il periodo più delicato e dove spesso tra i coniugi la conflittualità è esagerata e possono sorgere delle rappresaglie da parte di chi è stato abbandonato. Ecco che l’intervento dell’ autorità giudiziaria a dettare delle regole diventa fondamentale».
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