Contratto nazionale dei bancari: l’Abi vorrebbe colpire i lavoratori, ma la Fabi risponde picche

I MANAGER DELLA BANCHE HANNO ‘PRODOTTO’ 174 MILIARDI DI SOFFERENZE. E ADESSO VORREBBERO FAR PAGARE IL CONTO AI DIPENDENTI

Ancora posizioni distanti tra Abi (Associazione bancaria italiana) e sindacati nell’ambito della trattativa sul rinnovo del Contratto nazionale dei lavoratori bancari. I banchieri, rappresentati da Alessandro Profumo, nell’incontro di oggi a Roma, bontà loro, hanno tuttavia dichiarato di non voler smantellare il Contratto nazionale. Però…

La dichiarazione è stata accolta positivamente dalle organizzazioni sindacali, anche se su molti temi le distanze restano ancora notevoli.

Le parti hanno convenuto di voler approfondire gli argomenti nei prossimi incontri del 27 e del 29 ottobre insediando due gruppi di lavoro ad hoc, rispettivamente su area contrattuale ed inquadramenti, mentre il binomio salario/occupazione dovrebbe essere affrontato al tavolo principale.

Durante l’incontro il leader della FABI, Lando Maria Sileoni, ha ribadito la centralità della piattaforma contrattuale approvata dai lavoratori, nonché la centralità del Contratto nazionale di lavoro.

Sileoni ha poi costantemente incalzato Alessandro Profumo sull’area contrattuale, sul blocco della progressione automatica dei salari e sul decentramento della contrattazione.

Profumo ha parzialmente risposto, concludendo “che il costo del lavoro nelle banche non è più sostenibile”. E che il Contrato nazionale “necessita di aggiornamenti”. Non solo. L’Abi ritiene necessario avviare una riflessione sugli aumenti salariali automatici, sul Tfr e sugli scatti d’anzianità.

Insomma, i banchieri, tanto per cambiare, vorrebbero far pagare il costo della crisi (che nelle banche italiane è anche il frutto di scelte sbagliate degli stessi banchieri) ai lavoratori.

Insomma, anche all’Abi soffia il vento del ‘renzismo’…

Infine Profumo ha sottolineato che ci sono grandi differenze di posizione in materia di area contrattuale.

A stretto giro di posta la replica di Sileoni:

“Le banche rivendicano una generica riduzione dei costi, ma manca, a nostro avviso, una vera politica di rilancio di un settore, che non può più vivere alla giornata. Se l’Abi continuerà a irrigidirsi sulle sue posizioni, continuando a chiedere di interrompere il riconoscimento politico del recupero dell’inflazione nel Contratto, si andrà allo scontro. Serve la condivisione di un percorso a lungo termine”.

Infine dal leader della FABi è arrivata una stoccata ai manager del settore: “Fino ad oggi la vostra gestione ha prodotto 174 miliardi di sofferenze e per voi lauti stipendi che si aggirano attorno al milione e 745 mila euro”.

Pensate: questi signori, dopo i danni che hanno prodotto per manifesta incapacità dovrebbero fare pagare il conto al personale. Ci vuole coraggio!

Redazione

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